martedì 27 febbraio 2018

I cannibali – Liliana Cavani

Antigone nel 1969, a Milano.
tempi tragici, con i morti che insanguinavano le strade, nel film le autorità non permettono la rimozione dei morti, devono servire da monito per tutti.
qualcuno si ribella alla non umanità del potere, storia antica, e sempre attuale, i giovani sopratutto sono i più disponibili a rischiare, hanno meno paura, meno da perdere.
ed è straordinaria l'attualità dell'Antigone di Sofocle, questa volta in un futuro che è oggi, un futuro possibile, dietro l'angolo.
bravissimi gli attori, tra gli altri Pierre Clémenti, Britt Ekland e Tomas Milian. 
in certi momenti sembra di stare in un film di Elio Petri.
buona visione, non ve ne pentirete - Ismaele




QUI il film completo


Il tocco provocatorio di Liliana Cavani racconta "L'Antigone" attraverso la macchina da presa. In pieno clima di contestazione la tragedia di Sofocle prende vita nelle strade di Milano del 1969. La regista riscopre l'antica Grecia e la capacità dei suoi autori di raccontare storie universali e attuali. 
Il film inizia con una sequenza tanto agghiacciante quanto violenta: quattro bambini vengono fucilati senza alcun motivo davanti allo sguardo impressionato di Tiresia. Il giovane straniero si avvia verso le strade della città osservando i corpi privi di vita di ragazze e ragazzi, repressi durante le sommosse e lasciati marcire per terra, per ordine dello Stato. "Morte a chi seppellisce i corpi dei ribelli", si legge ad ogni angolo. Tiresia è affranto. In un bar incontra Antigone, ragazza dell'alta borghesia, pronta ad infrangere la legge pur di seppellire il corpo del fratello. Perfino la famiglia è contraria alla sua idea. Ma Tiresia è pronto ad aiutarla. Emone, fidanzato di Antigone e figlio del primo Ministro non è d'accordo con la decisione della ragazza. Poi, anche lui si converte alla causa, e accusa per primo il padre, tanto attaccato alle "sue" leggi da non rischiare di sovvertire l'ordine prestabilito. Milian, interprete di Emone, è perfetto nella parte di colui che, ormai conscio dell'empietà del governo, vuole regredire allo stato di animale…

I Cannibali è un film di Liliana Cavani del 1970 che racconta di una vicenda ambientata in un imprecisato futuro.
Come molti film e romanzi ambientati nel futuro, anche questo film si riferisce a un futuro distopico, in cui solitamente lo stato prende il potere ma la sua dittatura dilagante sfocia in episodi di violenza e repressione mentale.
I romanzi che trattano di distopia esistono fin dalla fine dell’Ottocento, con I cinquecento milioni della Bégum di Jules Verne per esempio, ma si sviluppano in modo dilagante a partire dagli anni ’30 con Aldous Huxley con il suo Brave new world e raggiungono l’apice con George Orwell e Ray Bradbury (il famoso Fahrenheit 451), non a caso nel Primo Dopoguerra e durante la Seconda guerra mondiale.
Uno fra tutti, George Orwell sviluppa la tematica della distopia nel romanzo 1984, in cui la volontà da parte del governo di tenere sotto controllo il popolo sfugge di mano e diventa una repressione culturale e fisica del vivere dell’individuo. Questo concetto si collega anche ad un altro suo romanzo, Animal Factory, in cui Orwell sviluppa la condizione in chiave politica, mostrando attraverso una metafora gli effetti distruttivi di una dittatura.
Nello stesso film della Cavani si può trovare un riferimento libero ad Animal Factory: gli animali affissano al muro delle regole e delle frasi a cui tutto il “popolo” della fattoria deve sottostare, e allo stesso modo in una scena del film vediamo le scritte “Ribelli=Spazzatura” e “I ribelli fanno vomitare” su una parete della città…

Rilettura avanguardista dell' 'Antigone', è un'operetta fantapolitica dalla straordinaria potenza iconografica, ma penalizzata da un certo didascalismo programmatico di fondo, e da una struttura narrativa a tratti inesistente, a tratti addirittura tipografica per quanto ripetitiva.
I neanche troppo velati richiami ad una sorta di 'cristologia laica' rischiano di stonare rispetto al complessivo afflato 'militante' ed orwelliano dell'opera, ma certo le strade (ballardiane, verrebbe da dire) disseminate di cadaveri 'intoccabili' e senza volto nè nome, nel centro d'una Milano-Nowhere apocalittica e tragicamente 'quotidiana', sono difficili da dimenticare.
Come nel miglior Petri l'ottusa autoreferenzialità - cannibalica, appunto - d'una casta dominante totalitaria e 'rispettabile', è resa attraverso il registro, sferzante, del grottesco. E i goffi sforzi 'esegetico-pedagogici' che l'inteligentia di Regime compie per tentare di comprendere le idealità dei 'ribelli', appaiono icona tragicomica dell'incomunicabilità tra Classi, allora e sempre.
Una simile, derisoria, ferocia si vedrà, di lì a poco, in capi d'opera della fantapolitica 'proletaria' come il 'Fantozzi' di Salce e 'Todo Modo' di Petri.
Un archetipo imperfetto ma necessario.



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