venerdì 8 settembre 2017

The Man from Nowhere - Lee Jeong-beom

Tae Shik ha un segreto, un passato che non è sparito.
e quando rapiscono So-mi, la bambina dell'appartamento di fronte, mezzo abbandonata, Tae Shik deve tornare ad agire.
una specie di "Oldboy" con ragazzina, con i cattivi che sono davvero bastardi.
bella anche l'incredulità della polizia, che si trova tanti lavori portati a termine in un modo non proprio legale, ma come dispiacersene?
un film che merita, coreano come tanti altri buoni film, cercatelo, e buona visione (non adatto ai bambini, naturalmente) - Ismaele






Possono i blockbusters avere un'anima? Prima di vedere questo film(secondo incasso in patria nell'anno 2010) la mia risposta sarebbe stata negativa,ora non sono più tanto sicuro. The Man From Nowhere esibisce una confezione di lusso attorno a una sostanza fatta di violenza cruda,scene action che definire adrenaliniche è poco e il tipico lirismo che ho imparato a conoscere tipico di certo cinema orientale. Dirò di più il film sembra hongkonghese  e non coreano come invece è. Ed è opera capace di creare una sorta di corto circuito con il cinema di Besson e dei suoi epigoni francesi tanto attratti a loro volta dal cinema orientale…

Penso che finché la Sud Corea sfornerà film di questa caratura (vedi anche Two Sisters), Quentin Tarantino potrà continuare a dormire sonni agitati preso dall'invidia. Famosa la sua frase "Oldboy è il film che avrei voluto dirigere" e la riporto anche perché è innegabile l'influenza che ha avuto quella pellicola su questa che vado a trattare. Non tanto sulla trama che si discosta dal tema della vendetta virando su quello della liberazione dal rapimento, quanto sulla gravità tragica che caratterizza ogni scena.
E mi fa sorridere il fatto che noi cultori classici, che abbiamo un passato glorioso per quanto riguarda la tragedia teatrale, ci facciamo soffiare via così lo scettro di un pezzo fondante della nostra cultura. Infatti questa secondo il mio modesto parere sarebbe un'ottima trasposizione su grande schermo di un'opera dei maestri tragediografi della Grecia pre-romana. Oddio, qualche difetto ce l'ha anche, ma non mi sento di punzecchiare per non scoraggiarne la visione…

Pese a la interpretación de la “Dakona Fanning coreana”, como es denominada entre la crítica, El hombre sin pasado” no merece que el espectador medio gaste su dinero en ir al cine a ver esta previsible mezcla entre el kung-fu de toda la vida y el sentimentalismo surgido en la amistad entre los protagonistas.

La historia presenta capas de varios conflictos, hay una enredada trama llena de delitos y en que se apela a la traición y separación de bandos, hay una estructura compleja dentro de la mafia, en la que se prolonga el misterio de las habilidades de Cha Tae-sik y en que se da acción secundaria. Sobresale el actor Song Young-Chang (The foul King, 2000) que expande las miras y hace menos predecible la película. Queda como una tercera pieza en juego. No obstante es solo densidad en buena parte gratuita ya que finalmente es la acción y el ajuste de cuentas el que toma toda forma y dominio. Es un filme neto de entretenimiento, y como tal es muy adecuado para relajarse. Si vemos bien no nos propone más de ello desde el arranque con la uña pintada de rostro feliz, no le pidamos más entonces y saldremos muy satisfechos.

Tae Shik (Bin Won) è il gestore di un banco di pegni nella periferia degradata di una qualche città sudcoreana. Quando la madre della sua piccola vicina di casa (l'unica che abbia un rapporto con lui) si mette contro dei terribili trafficanti di droga e di organi umani, sottraendo loro un ingente quantitativo di droga, i malavitosi le rapiscono la figlia. Tae Shik, che la polizia è convinta sia il trafficante numero uno, si mette alla ricerca della ragazzina, entrando in un mondo infernale.
Blockbuster in Corea del Sud, dove è stato il secondo incasso della stagione, L'uomo che veniva dal nulla è un film violentissimo che assembla molti degli elementi topici del cinema di genere dell'estremo oriente: arti marziali a gogò, scene ultrasplatter che non risparmiano colpi durissimi allo stomaco dello spettatore, sangue a ettolitri, corpo a corpo all'ultimo respiro: il tutto un po' sulla scia di Kitano, con tanto di compiacimento estetizzante della violenza e di concessioni al grottesco. Eppure il film riesce, seppure in maniera didascalica, a mostrare una sua anima grazie al modo con cui tiene per un'ora la tensione prima di sciogliere il nodo psicologico sul perché di tanta attenzione dell'uomo venuto dal nulla rispetto alla bambina. 

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