lunedì 26 settembre 2016

Un mercoledì di maggio - Vahid Jalilvand

opera prima  (anche se non sembra), un film a incastri, con una sceneggiatura che tiene tutto insieme.
dall'Iran arrivano sempre film nei quali si soffre, tutti, ma le donne sopratutto.
le donne del film hanno una forza incredibile, ricevono colpi terribili, si rialzano sempre.
appare anche un tribunale, uno di quei tribunali che conosciamo a causa di Asghar Farhadi (fra gli altri), sembrano molto incasinati, ma forse i nostri non sono molto diversi, chissà.
il centro di gravità del film, uno che regala soldi, può ricordare un film del neorealismo, solo che qui sembra tutto molto più duro e triste.
se continua così Vahid Jalilvand rischia di visitare le prigioni iraniane, speriamo che continui così (senza la visita alla galera).
non sarà perfetto, ma è un film che merita molto (2 sale in tutta Italia questa settimana).
buona visione (se ci riuscite) - Ismaele



  
dice il regista:
Ho sognato per anni di essere come Jalal. Mi sono svegliato sconfortato, deluso, con il desiderio irrealizzabile di non poter essere come lui e osservavo con sdegno il mio riflesso nello specchio. Dedico questo film a tutti i Jalal del mio paese, alle persone comuni che cercano la sofferenza negli occhi degli altri e non sono mai riuscite a farsi ascoltare dai governi, dagli uomini di stato, da quelli che hanno il potere per chiedere aiuto, alle persone che non sono mai state indifferenti al dolore negli occhi delle persone. Vivo in un paese dove Dio ha elargito i suoi doni di abbondanza e ricchezza, ma purtroppo molte persone non possono goderne. UN MERCOLEDI DI MAGGIO è una critica alla società e al modo in cui è governata. È un tributo all'essere umano che si sente parte della società e soffre. Il film è insieme una critica e un ringraziamento agli essere umani.

…interessante la scelta di raccontare i fatti accaduti attraverso diversi punti di vista e con l’uso di flashback e flash forward. Tale scelta, infatti, ha contribuito – insieme all’evento dinamico – a regalare al lungometraggio di Jalilvand quel tocco in più che lo rende diverso dalle centinaia di film prodotti ogni anno che trattano un tema del genere. Qualità, questa, da non sottovalutare per nessuna ragione. Per questa sua singolare struttura, per il tema trattato e per la curata realizzazione, Un mercoledì di maggio si è rivelato, dunque, una piccola perla nel panorama cinematografico iraniano. Da non lasciarsi assolutamente scappare.

... il personaggio di Jalal è il vero motore della storia e la sua vicenda umana non è il pretesto, ma il cuore e la centralità del racconto. La sua malinconica e giovanile storia d’amore con Leila che ha rincontrato in questa occasione e dalla quale è fuggito senza dare spiegazioni costituisce un’altra colpa che sembra dovere espiare.
Il film ci incalza con la narrazione di queste due vicende che appartengono alla cronaca quotidiana, ma il suo vero interrogativo è per quale ragione Jalal decide di offrire quella somma. È questa la vera suspence alla quale Jalilvand ci sottopone e da spettatori ci rendiamo conto che ha messo in scena una bella struttura per giungere alla sua conclusione, per interrogarsi sul molteplice atteggiarsi del reale. La progressione essenzialmente narrativa ci intrappola in questo vero mondo parallelo al quale, dopo un po’, ci sembra di appartenere, gioca con la nostra curiosità che è ancora alla ricerca delle ragioni di questo mercoledì 9 maggio che forse è solo un giorno come un altro.

…L’apparente impianto narrativo a episodi che poi si vanno man mano integrando, così come l’ambizione di realizzare un affresco sociale di ampie proporzioni, devono forse qualcosa al cinema di Kieślowski, per la tensione morale, e a quello di Iñárritu, per l’elasticità del racconto, ma a conti fatti un certo schematismo sembra inevitabile. Tenendo presente tutto questo, Un mercoledì di maggio ha il merito di proporre uno sguardo lontano da ogni becero moralismo così come dal cinema-spazzatura della lacrima facile, figlio degenere della tv, e in cui gli eccessi del simbolismo sono stemperati dalla partecipe constatazione della realtà.

Grazie all’accorta sceneggiatura e a una regia cristallina, Un mercoledì di maggio si dimostra un lavoro denso e stratificato, nel quale le singole vicende sono il simbolo e l’espressione di aspetti universali quali il dolore, la cura per le persone amate, i rigidi limiti della religione e le idiosincrasie di un Paese troppo attento alle questioni internazionali per poter preoccuparsi del benessere dei propri cittadini…

Come nel gioco di specchi creato sedici anni fa da Jafar Panahi con Il cerchio, la condizione segregante dell'universo femminile iraniano continua a essere spunto di riflessione, metro di paragone, mezzo di analisi e rilettura di una società che prosegue il proprio cammino di modernizzazione pur restando in parte ancorata a certi ‘nodi' del passato. Un'opera prima imperfetta che pure condensa nella geometria frammentaria di luoghi e storie l'impasse sociale di un territorio in progressiva crescita, ma ancora per certi versi lontano da un'idea di eguaglianza e parità sociale.


QUI la conferenza stampa al festival di Venezia


Nessun commento:

Posta un commento