sabato 30 luglio 2016

Bug (Bug - La Paranoia è contagiosa) – William Friedkin

grandi interpretazioni di Ashley Judd e Michael Shannon, il film del grande William Friedkin ti tiene attaccato allo schermo, inizia come un film qualunque e poi inizia l'incubo.
Peter convince Agnes, lui è così gentile, Agnes non si ricorda di aver incontrato uno così.
e gli crede, lui è così convincente.
parlando di Bug Roger Ebert cita l'interpretazione di Peter Greene in Clean Shaven.
entrambi, Michael Shannon e Peter Greene, sono fuori di testa e assolutamente convincenti.
un gran film, non perdetevelo - Ismaele



Bug - La Paranoia è contagiosa ci restituisce un regista in forma smagliante come raramente si era visto negli ultimi tempi, pronto a sfruttare ogni singolo momento dell’ottimo testo di Tracy Letts (il cui Bug ha circolato per un bel po’ Off Broadway sottoforma di lavoro teatrale) per mettere in scena una vicenda che appartiene più a Cronenberg che all’ultimo Friedkin e che dal primo muta le ossessioni per una (non più tanto nuova) carne irrimediabilmente contagiata mentre dal secondo prende il senso del ritmo e il tono claustrofobico e moraleggiante.
Buona parte del valore è da riconoscere allo script, ricco di dialoghi fin troppo alti e di situazioni al limite, capace di prendere lo spettatore e immergerlo lentamente nel mare di follia che solo inizialmente è di esclusivo appannaggio di Peter che in realtà agisce poi quale catalizzatore in una situazione già feconda, trascinando la già instabile Agnes in una fosca trama di esperimenti militari, insetti sottopelle capaci di trasmettere su frequenze radio e molto altro ancora.
Quel che accade in realtà e un lungo grido in crescendo, un lamento sulla perdita di sicurezza e coesione da parte dell’uomo (e della coppia) contemporaneo, un conflitto lacerante fra il bisogno e la ricerca di una identità propria ben definita, da conservare come nucleo prezioso, e l’esigenza di aprirsi agli altri in cerca di un qualcosa che, se raggiunto, porterà alla perdita del senso di sé.
In Bug la paranoia innesta un circolo di autorafforzamento e degenera ben presto in schizofrenia. O perlomeno così pare, perché quando anche noi cominciamo a vedere gli insetti, in brevi flash semisubliminali, ogni certezza è perduta e continua a indebolirsi man mano che si rafforza nei due protagonisti…

Il cinema del terrore è sicuramente un comparto della settima arte che privilegia la forma, rispetto al contenuto. Dimostrazione, questa, che è sbagliato pensare che il fattore paura sia esclusivamente legato al tasso di sangue o di mistero inserito in una storia. Perché, di per sé, una storia è quasi mai spaventosa. Altrimenti tutti i casi clinici di un ospedale (anche non necessariamente psichiatrico) potrebbero esser letti come racconti dell'orrore. La paura, al cinema come nella letteratura, è frutto dell'attento assemblaggio di diversi frammenti che, selezionati attentamente dalla totalità del materiale narrativo e filtrati attraverso precisi accorgimenti stilistici, svelano (o nascondono) progressivamente la causa originaria. Ed è solo da questo delicato procedimento di pura costruzione formale che derivano il fascino e la tensione. "Probabilmente una storia vera alla Psycho non sarebbe stata per nulla emozionante, solo terribilmente clinica". Lo diceva Hitchcock, il maestro indiscusso della suspance sul grande schermo, il padre del modello antonomastico della paura cinematografica, colui che ha reso il proprio percorso artistico un laboratorio sperimentale di forme, tecniche e illusioni che attraversa tutta la storia della settima arte: dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, dal piano sequenza al montaggio forsennato. Ora, si dirà: cosa diamine hanno a che fare tutti questi preamboli con il film in questione? Più di quanto sembra. E per due motivi. Il primo: William Friedkin è, insieme a Brian De Palma, il più dotato discepolo del maestro Hitch, nonché un esperto cultore del suo cinema. Il secondo: "Bug" è, sul solco di "Psycho", un eccellente horror da camera che, grazie alla sua infallibile strutturazione, terrorizza con l'invisibile…

Michael is mad, and Agnes' personality seems to need him to express its own madness. Ashley Judd's final monologue is a sustained cry of nonstop breathless panic, twisted logic and sudden frantic insight that is a kind of behavior very rarely risked in or out of the movies. It may not be Shakespeare, but it's not any easier. 
Shannon, a member of A Red Orchid Theatre in Chicago, delivers his own nonstop rapid-fire monologue of madness; he has a frightening speech that scares the audience but makes perfect sense to Agnes. His focus and concentration compares in some ways to Peter Greene's work in Lodge Kerrigan's frightening "
Clean, Shaven" 
The film is lean, direct, unrelenting. A lot of it takes place in the motel room, which by the end has been turned into an eerie cave lined with aluminum foil, a sort of psychic air raid shelter against government emissions or who knows what else? "They're watching us," Peter says. 

The thing about "Bug" is that we're not scared for ourselves so much as for the characters in the movie. Judd and Shannon bravely cast all restraint aside and allow themselves to be seen as raw, terrified and mad. The core of the film involves how quickly Judd's character falls into sympathy with Shannon's. She seems like a potential paranoid primed to be activated, and yet her transformation never seems hurried and is always convincing…

Bug inizia come un saggio di cinema psicologico e finisce con un crescendo allucinato che sposta il tema della pellicola a una visione fanta-politica degna di Philiph Dick. Se nella prima parte si assiste alla nascita di una storia d’amore (all’incontro di due solitudini) tormentata tra due esseri umani che sembrano non poter fare a meno di cercarsi, nella seconda parte Friedkin fa virare il tono del film verso contenuti paranoici, innestando un vortice delirante che trascina con sé ogni cosa, impedendo di rintracciare coordinate chiare e percepibili. Peter rivela ad Agnes la presenza nelle stanze di insetti, risultato dell’inserimento di sacche di uova nel suo corpo da parte della CIA all’epoca della guerra del Golfo, come sistema di difesa di fronte a minacce batteriologiche. La donna, inizialmente titubante (poiché non vede gli insetti), poco per volta inizia a dare credito alle parole dell’uomo, condividendo con lui l’idea che entrambi siano al centro di una macchinazione internazionale. Fantomatici elicotteri solcano il cielo sopra il motel, e dopo aver isolato la stanza per proteggerla dagli insetti, ai due amanti non resta che darsi la morte con un enorme rogo che spazzi via ogni residua traccia del male che portano con sé…

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