lunedì 27 luglio 2015

La prigioniera - Henri-Georges Clouzot

tutti i film di Henri-Georges Clouzot sono bellissimi, non scontati, resti a bocca aperta.
La prigioniera è l'ultimo e sorprende per una storia "malata", un riccone fa delle foto artistiche, e il soggetto (o l'oggetto?) delle foto resta catturato, Josée resta affascinata, stregata, prigioniera.
sono foto che fissano, estraggono, ricercano sogni, desideri, tradimenti, sensi di colpa, liberazioni, il male e il bene, è anche un film psichedelico (siamo nel 1968), Clouzot esplora nuove strade, mai noioso, mai ripetitivo.
in certi momenti è difficile "sostenere" questo film, di sicuro è un film unico, un grande film, provare per credere - Ismaele





Raro. Adorato dai critici più di confine, che in Clouzot vedono un implacabile, mai conciliante e mai riconciliato, narratore-indagatore del Male. Da cui è attratto e sedotto neanche tanto oscuramente, comunicandone anche a noi spettatori il richiamo…


plus que le fond, c'est la forme de La prisonnière qui enthousiasme : tout semble parfait, reposant sur une grande rigueur de construction et montrant une approche très artistique. La soirée de vernissage et l'appartement du galeriste débordent de superbes exemples d'art cinétique et la scène finale du rêve est une merveille d'inventivité . La photographie est très belle et soignée, c'est particulièrement net lors de l'escapade bretonne, le perfectionnisme du réalisateur transparaît constamment. La prisonnière est un très beau film. C'est hélas le dernier film d'Henri-Georges Clouzot.
Commiato "hors categorie" per il regista più controverso del cinema francese. Fin dal titolo "proustiano" è un film in cui riecheggia il clima claustrofobico e morboso tipico dello stile di Clouzot, contrappuntato però dalla ricerca di opzioni tecniche altre, con cui raccontare patologie allora poco dicibili, ma alfine riconducibili alle dinamiche tra i sessi. Variazione originale sul tema del triangolo nel quale l'occhio e la visione hanno parte preponderante. Resta apppiccicato addosso e rimane in mente. Wiener e Terzieff emanano un fascino malato.


Ultima pellicola girata da un regista che raramente fu apprezzato e sostenuto dalla nouvelle vague. In questa storia a tre, con più che evidenti riferimenti al masochismo erotico ed al sadismo sentimentale, Clouzot conclude la propria carriera con un film di vera rottura ed avanguardia dell’immagine ottico-cinetica. A parte tutta la galleria di spettacoli visivi che la mostra raccoglie e rappresenta, l’ossessione per l’immagine e la necessità dello sguardo sono costantemente ripresentati attraverso gli occhi dei protagonisti, che spiano, si cercano, che tradiscono tensione, passione e relazioni che vanno oltre i gesti. Dotato di un ottimo montaggio (per esempio vedasi la prima sessione fotografica con Elizabet Wiener come ospite, in cui foto, scatti, occhio fotografico e corpi, raccontano un crescere d’eccitazione raffinato ma diretto), di un impianto narrativo impegnato principalmente ad indagare l’aspetto contraddittorio dell’amore (attrazione\dolore) attraverso l’immagine del doppio (Stan e Gilbert sono due lati della stessa medaglia) e di una fotografia sublime diretta da Andreas Winding (l’immagine di Stan e Josè sulla scogliera è l’apice della pellicola) La prigioniera è senz’altro uno dei film più forti del regista francese (a più riprese Stan e Josè si rivolgono direttamente alla spettatore, quasi sempre chiamato in causa da provocazioni dell’immagine oltre che dei temi). La prigioniera è anche uno sforzo maschile di indagare l’animo femminile, ma come dice la stessa sceneggiatura “La verità sa di sporco”. Impagabile Laurent Terzieff nel ruolo di Stan. Imperdibile, anche per gli amanti del cinema ridondante di sfarzose costruzioni pop. Tra gli invitati all’inaugurazione della mostra compaiono anche Michel Piccoli, Eddie Costantine e Charles Vanel.

Clouzot leaves behind his usual dark thriller territory and shoots for capturing how much the allure of sexual perversions now replaces love as a way for couples to connect.
It's a beautifully filmed picture and it features a wonderfully rendered final dream scene. It was unfairly passed over by critics at the time, who might have wrongly thought that the old man was merely trying to climb aboard the wave of counter-culture films being released when instead he was showing us the real pain in relationship

With the fragments of Henri-Georges Clouzot's never-completed L'enfer(1964) finally gathered together and released as part of the making-of/unmaking-of documentary Inferno (2009), now seems a good time to revisit Clouzot's last feature, the criminally neglected La prisonnière (1968).
Made at the urging of admirer François Truffaut, this perverse romance utilized many of the pop-art gimmicks and psychedelic visual tricks Clouzot had planned to use in the abortive L'enfer, but in the four years since that project had rolled over and died, nearly taking its director with it, times had changed, and Clouzot's experiments no longer looked as startling as they would have in '64. (Plus, L'enfer would have been a black and white film whose naturalistic style would have been violently ruptured by bursts of hallucinatory color.) In fact, it probably looked as if the old man was straining to be hip and counter-cultural. The film was passed over with a degree of embarrassment.
But what a fascinating film it is!..

.. A sa sortie, "La prisonnière" a subi les foudres des caciques de la critique d’alors, qui n’y a vu que les derniers soubresauts d’un cinéaste aigri et conservateur, un film de vieux con en somme. Dénonçant ouvertement la place de plus en plus importante des médias, le milieu parisianiste de l’art, représentant la femme comme sous des traits fantasmatiques, la critique semble être complètement passée à côté de l’essentiel et s’est attardée sur un premier degré volontairement rentre dedans. 
On pu notamment lire ceci dans une des revues majeures de cinéma : "La Prisonnière" est l'oeuvre d'un metteur en scène bourgeois, horrifié par ce qu'il croît être le mal et tentant de nous assener une morale pontifiante (il y a même la punition finale de la méchante) tout en se donnant des allures de provocateur parce que c'était la mode.Pourtant, le temps faisant son oeuvre, le dernier long-métrage du réalisateur est un grand film, qui plus est purement « Clouzien », si l’on s’astreint à y regarder de plus près. 
Bassesses de l’être humain, ironie mordante, profondeur des personnages, machiavélisme de ses «héros», dénonciation d’un mode de pensée, inventivité dans la mise en scène, tout y est ou presque.
"La prisonnière" se rapprochant d’ailleurs de son «La vérité», autre histoire d’amour que la raison ne peut comprendre et que la société ne peut défendre...

3 commenti:

  1. Aun no,o he visto!
    Grazie per le post
    Mi piace molto queste blog!
    Baccio

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    1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. Grazie per le post
    Mi piace molto el blog
    bellissimo!
    Baccio

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