martedì 28 aprile 2015

Il Pane Nudo - Rachid Benhadj

tratto dall'omonimo romanzo di Mohamed Choukri, racconta la storia di un ragazzino che da bambino conosce fame e violenza e sfruttamento, lo salvano l'amore delle donne e la cultura, inizia a scrivere e a leggere da grande, in prigione.
il film percorre per episodi la vita di Mohamed, da quando era bambino fino a quando diventa adulto, nella Tangeri e nel Marocco della liberazione e della decolonizzazione.
film duro, come la vita del protagonista, da non perdere, un film che merita - Ismaele



qui 
un'intervista con il regista
 


qui un'intervista con lo scrittore Mohamed Choukri

qui riflessioni degli alunni delle classi terze A e B di Monte San Savino (Arezzo)

È la storia di Mohamed Choukri, nato nel Rif e trasferitosi a Tangeri con la famiglia per sfuggire alla povertà, ritrovandosi a patire ogni stento con un padre violento e alcolizzato - che ucciderà il fratello - e una madre troppo devota alla religione e al marito. Fino a vent'anni, Choukri vive di sotterfugi, conosce solo la fame e l'unico calore che riceve è l'amore comprato in una casa chiusa; poi, nella prigione dov'era finito per una retata, conosce un rivoluzionario che gli insegna a scrivere, tirandolo fuori dal buio dell'analfabetismo. Il suo primo romanzo autobiografico, Il pane nudo, esce nel 1960 e diventa un caso letterario, un classico apprezzato nel resto del mondo ma censurato nei paesi arabi a causa della sua crudezza.
Per anni molti sceneggiatori avrebbero voluto adattare per il grande schermo la vicenda, ma Choukri non ha voluto altri che Rachid Benhadj…

Miseria e infanzia negata nella Tangeri del '42. Il film di Rachid Benhadj emoziona come il romanzo omonimo di Choukri “Un testo nudo nella verità del vissuto, nella semplicità delle prime emozioni” ha scritto Tahar Ben Jelloun del libro Il pane nudo di Mohammed Choukri. Analogamente si può dire del film di Rachid Benhadj, a cui ha collaborato lo stesso scrittore marocchino, morto nel 2003. Lo stile scarno, crudo, emozionante del best–seller autobiografico di Choukri (fu candidato al Nobel per la letteratura) rivive nel film. Sullo schermo scorre impietosa la terribile infanzia del piccolo Mohamed, vittima della miseria e di un padre violento, che ne picchia la madre indifesa e gli uccide il fratellino perché piange troppo. Mohamed è come i suoi coetanei della Tangeri del ’42, un monello che si ciba dai cassonetti dei quartieri degli occidentali, dove anche i rifiuti sono migliori. La fuga, da adolescente. Ma Tangeri è fatta di povertà, prostituzione, violenza per i meno fortunati. Quella di Mohammed è anche fuga verso la libertà, una libertà che, ventenne, trova in prigione grazie al potere del sapere…

…Il pane nudo" si affida completamente alla nuda storia senza molto aggiungere, caricandola talvolta eccessivamente alla continua ricerca d'effetto, quasi a voler fare di ogni episodio un exemplum: Benhaadj tende a polarizzare con un certo didascalismo (è stato insegnante), attendendosi saldamente a un preciso sistema di valori, e poiché racconta un percorso iniziatico dei più classici (e frequentati dalla tradizione araba), tale scelta consente di oscillare tra un registro quasi favolistico, la realistica crudezza del romanzo e una tensione disperatamente politica. Said Taghmaoui, ormai consolidato volto arabo all'europea, è bravo ma forse poco adatto alla parte, troppo sicuro e penetrante nello sguardo; le due principali figure femminili, appesantite da un certo schematismo "idealistico" (madre-martire/amante-folle), sono interpretate da Soraya Arterse e Marzia Tedeschi con intensità talvolta lacerante. Sono loro, in fondo, l'arteria pulsante del film, come specchio e contrappunto per Mohamed e per l'intero mondo arabo; l'occidente con cui fare i conti è in realtà sepolto tra le mura domestiche, irrequieto e silenziosamente indomabile. Soltanto chi, come Mohamed,  ha conosciuto due prigioni (la casa e la galera propriamente detta) può parlare due lingue e liberare il suo sguardo oltre qualsiasi muro.

"Il capolavoro di Benhadj per la trasposizione del romanzo omonimo. Un lungometraggio intensamente drammatico e messo in scena con una certa abilità. Le immagini raccontano la rivolta personale del giovane Mohamed contro un padre oppressivo e violento che tormenta giorno dopo giorno il giovane ragazzo. Bellissima l'ambientazione a cavallo tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta, ma sono le immagini crude quelle che restano più impresse dalla visione mentre quelle sottointese stuzzicano la fantasia dello spettatore." (Il Davinotti)

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