lunedì 2 febbraio 2015

L'ultimo treno della notte - Aldo Lado

pesantemente perseguitato dalla censura, per uscire anche solo con VM18 furono fatti tagli, e nella "civile" Inghilterra, per un periodo è stato un film "bannato" (qui, in buona compagnia).
un film che ha una componente di critica sociale, dove la violenza è a tratti insostenibile, ma necessaria all'economia della storia.
bravissimi Macha Méril (la Signora) e Flavio Bucci, che non è un bravo diavolo come in "Ligabue" o "Il Marchese del Grillo", tutti gli altri attori sono bravi.
musica di Morricone, e la canzone sui titoli è di Demis Roussos (ascolta)
mi ha ricordato Cani arrabbiati, di Mario Bava, anche quello un film maledetto e violento, e sorprendente, anche per come termina.
non è un film per tutti, ma se siete di quelli che possono vederlo, non vi deluderà, promesso - Ismaele





…Complessivamente L’ultimo treno della notte è ben costruito ed equilibrato su tutte le sue tre parti. Difficile non associarlo al massacro del Circeo avvenuto nello stesso anno, qualche mese più tardi e difficile non ignorare come l’annata del 1975 sia stata eccessivamente violenta anche al cinema in Italia: basta ricordare il Salò di Pasolini, Profondo rosso, I 4 dell’apocalisse, Appuntamento con l’assassino, Roma violenta.
Buone le musiche di Morricone e ottime le prove attoriali della già citata Macha Méril e di un acerbo Flavio Bucci.

L'ultimo treno della notte è una pellicola molto violenta, sia in quello che palesemente mostra, sia in quello che dà ad intendere. Le ragazze vengono percosse, stuprate, terrorizzate, una viene deflorata con un coltello; e poi la morte, ovviamente. Allo spettatore non viene risparmiato nulla e mentre una delle due ragazze muore, le immagini si alternano fra lo scompartimento e la festa nella casa paterna: un giro di valzer vorticoso e beffardo descrive la morte delle ragazze e nello stesso tempo l'amore dei due genitori che ritrovano la serenità, fra treno buio e violento e casa luminosa ed educata. Lado attacca direttamente lo spettatore proiettandolo nella pellicola con il ruolo ben preciso del voyeur (il "curioso" interpretato da Fraco Fabrizi): un uomo anonimo che guarda morbosamente il crimine, vi partecipa attivamente per poi, a danno fatto, farsi cogliere dal rimorso e denunciare l'accaduto. I due balordi che danno il via alle violenze non sono identificati con precisione, sono dei semplici sbandati, essenzialmente pedine manovrate dalla Signora Perbene (Macha Méril sensitiva in Profondo Rosso, 1975), due maniaci che lo spettatore sa bene che pagheranno il fio dei loro atti. Il colpo di genio del regista è stato proprio l'inserimento del personaggio della Signora Perbene, una bionda algida di mezza età che parla di perdita dei valori con un politico democristiano ma che nasconde foto pornografiche nella borsetta. Il vero "cattivo" del film è proprio questa donna che richiama alla memoria una delle aguzzine di Salò (1975), "angelo della morte destinato a rimanere impunito"*. Lado conferma: la Signora perbene è il simbolo del potere, e qui si innesta la critica socio-politica. "I personaggi interpretati da Macha Méril e da Enrico Maria Salerno simboleggiano le due facce di una classe sociale che detiene il "potere". Il potere in generale - non mi riferisco a "colori" specifici - e che quindi ha potere, di vita e, soprattutto, di morte. Il personaggio di Macha Meril [...] sfrutta gli emarginati e li spinge a commettere degli atti che lei non ha il coraggio di fare, pur desiderandolo. [...] E l'altro, Salerno, [...] riconosce in lei il suo "simile" e non la ammazza, a differenza di quanto ha fatto con i due emarginati”

… Lo stato di adorazione che il film vanta in un paese come il Giappone chiarisce, a priori, la natura squisitamente exploitation di rape'n'revenge alla base dell'operazione. Una forma narrativa rodata che tuttavia non sminuisce la forte critica socio-politica che il regista avanza all'Italia del tempo: la violenza e la prepotenza aleggiano indistinte tanto sulle classi povere che su quelle più abbienti, con la differenza sostanziale dell'impunità sistematica che vantano le seconde, le cui devianze vengono ben digerite da una società borghese e cattolic(icizzat)a. Una tesi non propriamente anacronistica avvalorata da un casting riuscito, in cui spiccano le interpretazioni sorprendenti di Macha Méril (perfida e spietata reazionaria) ed Enrico Maria Salerno, ricco chirurgo che scoprirà (suo malgrado) l’istinto ferino di angelo sterminatore. Chi lo considera un prodotto fotocopia de L'ultima casa a sinistra di Craven lo sminuisce immeritatamente: Aldo Lado dà cuore (e pancia) ad una storia che non scade mai nel bozzettismo bidimensionale del parallelo americano, elargendo allo spettatore più di un brivido politico lungo la schiena…

Il film fu accolto male dalla critica dell'epoca. Sul quotidiano Il Giorno del 23 maggio 1975 fu scritto: «Il regista Aldo Lado dimostra di saperci fare, quando non esagera. Tiene sospesa l'attenzione con mezzi semplicissimi, ma non va oltre il fatto, non riesce a dare uno spessore alla storia. [...] Gli attori giovani che danno corpo alle immagini di due violenti finiscono con l’occupare tutto lo schermo, ed è un difetto della struttura, perché così la lezione presunta si trasforma in esaltazione della violenza».
Sul Corriere della sera del 25 maggio 1975 Renato Palazzi scrisse: «Filtrato senza difficoltà attraverso le maglie larghe di una censura assai più propensa a colpire l’esposizione dei sessi piuttosto che la bassa macelleria, L’ultimo treno della notte mortifica la ragione e offende il “comune sentimento del pudore” delle persone di buon senso, per gli eccessi di quella “pornografia della violenza” che raggiunge qui espressioni davvero fastidiose».
Il critico Morando Morandini sul suo dizionario assegna al film una stella, scrivendo: «Il film è un drammatico sovraccarico di efferatezze varie, senza alcun rispetto per la logica e la verosimiglianza...».
Come per altri film ambientati su un treno (vedi Cassandra Crossing) sono stati fatti grossolani errori nelle riprese esterne e interne: ad ogni inquadratura cambia la tipologia delle carrozze, dei locomotori, dei compartimenti...addirittura stazioni italiane (con nomi cancellati) con segnali italiani e apparecchiature italiane durante la sosta del treno in Austria…

L’ultimo treno della notte è un film altamente violento (sicuramente il più violento del regista) e assolutamente scioccante nelle sue scene di maggiore forza: colpisce soprattutto la scena notturna sul treno, nella quale in pochi minuti le ragazze vengono seviziate, stuprate e uccise. Rispetto a The Last House on the Left è doveroso sottolineare un maggiore impatto visivo, dovuto alla maestria di Lado alla fotografia e alle luci: è innegabile che negli anni settanta gli italiani sotto questo profilo meramente estetico avevano una marcia in più. Rispetto al capolavoro di Craven però è da registrarsi una prima parte un po’ lunga e noiosa, in cui la tensione non è ancora alta: probabilmente il risultato sarebbe stato ancora migliore tagliando una decina di minuti. Per la forte derivazione da The Last House on the Left il film non può essere considerato essenziale quanto il predecessore: tuttavia, in termini di qualità e di contenuti, siamo su un livello addirittura superiore. Sempre bella la colonna sonora di Ennio Morricone, che comprende un tema malinconico e nafasto suonato con l’armonica da uno dei due balordi.

…Film "sporco" e morboso che ha la sua "forza" nel personaggio luciferino della Meril, una sorta di "angelo della morte" che ricorda una delle aguzzine del Salò di Pasolini. Finale nichilista con vaghe ambizioni socio-politiche. La pellicola ebbe grossi guai con la censura e resta un pugno allo stomaco nonostante i tagli imposti. Le musiche sono di Ennio Morricone.
da qui

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