mercoledì 27 agosto 2014

Castaway on the Moon - Hae-jun Lee

inizi a vederlo e ti sembra una mezza scemenza, poi passano i minuti, il film prende quota e non ti stacchi più, ti affezioni.un po' come era successo per "My sassy girl" (qui), i due film che hanno in comune molto.
il racconto è folle e allo stesso tempo essenziale, una storia sullo stato del mondo, sulla schiavitù e la libertà, sulla paura, sul coraggio, sull'amore.
ci si mette un po' a entrare dentro la storia, è un oggetto strano, ma basta avere fiducia e lasciarsi prendere per mano dal regista e poi i due Kim li senti tuoi amici e fratelli.
non perdetevelo, sarà una bellissima sorpresa - Ismaele






Nella vita tutti possono sentirsi dei naufraghi.
Sempre meglio naufraghi che alla deriva comunque, il naufragio è in qualche modo sempre un punto d'arrivo.
O di partenza.
La vita è un mare così periglioso, così insidioso, così difficile, così pieno di occasioni mancate e umiliazioni (vedere la strepitosa scena sul pelo dell'acqua, un riassunto di come tutto, affetti, lavoro e amore sia andato a rotoli) che a volte è una deriva insostenibile da reggere.
Allora Lui decide di farla finita e si getta nel fiume Han.
Ma il piano fallisce, Kim si ritrova in un'isola deserta. Una piccola isola appena sotto il ponte dove si è gettato. Ma sempre un'isola è, se all'orizzonte invece del mare aperto ci sono i palazzi della tua città non cambia nulla, sei solo. Su un'isola. Questo naufragio è un punto di partenza nuovo per Kim.
E poi c'è Lei.
Si chiama Kim anche lei.
Anche a lei la vita fuori fa paura, così paura che vive da 3 anni reclusa in una camera nella quale non accetta nemmeno di ricevere la luce del sole. Perchè anche il Sole è un'insidia, uno sfregio alla nostra intimità.  Lei fa foto alla Luna, quella sì placida, bella e misteriosa.
Il suo naufragio non è come quello di Lui, non è un nuovo punto di partenza, ma uno doloroso di arrivo.
Solo due giorni l'anno la città si ferma, all'arrivo della primavera e dell'autunno, solo due volte sembra deserta. Per via di una tradizione coreana. Allora lei quella volta prende la sua macchina
fotografica/telescopio per vedere la città anzichè la luna e per caso vede lui, laggiù, in quell'isola.
E' il suo alieno. Lo fotografa e sovrappone le foto di lui a quelle della luna attaccate al muro. Perchè solo in Korea sanno scrivere poesie facendo film.
Kim e Kim sono due alieni, due entità che col pianeta Terra c'entrano più nulla…

…Che bello quando il Cinema ti riserva delle sorprese così grosse. Chi l’avrebbe mai detto che un film con la locandina così brutta potesse riuscire a farmi venire i lacrimoni agli occhi!...

Castaway on the moon non è una sòla, quanto più che altro un titolo che non esprime tutte le sue potenzialità ma è in grado di lasciare a bocca aperta con alcune sequenze di profonda sensibilità e ribaltare ogni possibile parere negativo grazie ad un crescendo toccante e meraviglioso che vede i due protagonisti, vittime di solitudini ed emarginazioni diverse ma ugualmente drammatiche trovare la forza di reinventarsi l'uno grazie all'altra, riscoprendo il loro essere se stessi in rapporto con un mondo che pare averli definitivamente rifiutati e dal quale entrambi sono fuggiti, il primo con il tentato suicidio e l'isolamento in mezzo alla Natura e la seconda ritagliandosi uno spazio oscuro e fittizio in cui poter essere quello che lei - o il mondo stesso - crede di volere…

Castaway on the moon oltre a parlare di amore parla anche di solitudine (quelle dei due Kim, maschio e femmina sono due solitudini ostinate e contrarie, una forzata per necessità fisiche, l'altra puramente voluta), parla dell'indifferenza e della difficoltà di comunicazione in una società sempre più tecnocratica (oltre che schiavizzata dal denaro e dalla ricerca del profitto costi quel che costi applicando in modo estremo il concetto di capitalismo), parla di alienazione, tema che sembra essere molto comune a certo cinema orientale sia coreano che giapponese…

Fallito il suicidio al fiume, Seung-keun Kim è spiaggiato su un atollo ai margini della città, a cui però non riesce a tornare non sapendo nuotare. Inizialmente privo di qualsiasi ragione di vita (indebitato, abbandonato dalla compagna e licenziato), è nell’isolamento forzato che troverà un nuovo equilibrio esistenziale e la rinnovata fiducia in sé e nelle proprie capacità, cominciando così una nuova vita felice e lontana dal mondo. O quasi. È infatti lo sguardo attento della curiosa Jung-yeon Kim – auto-segregata in camera nel tentativo di costruirsi una vita virtuale il più possibile realistica – a notare attraverso l’obiettivo fotografico l’“help” (presto cambiato in “hallo”) tracciato sulla sabbia, spingendo la ragazza a superare le sue paure per uscire di casa e inviare al naufrago un messaggio tramite bottiglia, iniziando così una strampalata corrispondenza che porterà entrambi a ritrovare nell’altro un proprio simile e allo stesso tempo una ragione per uscire dal proprio guscio…

en cela que réside la grande magie de ce film : partir d’un postulat totalement saugrenu et réussir à le développer en une subtile comédie délicieusement drôle et attachante. Tout en finesse, le film se construit méthodiquement en ne laissant rien au hasard. Chaque scène révèle des trésors d’imagination pour permettre à ces deux héros d’évoluer dans leur relation singulière. Il en va ainsi jusqu’au final, sublime, et totalement inattendu. Un beau film qui ne ressemble à aucun autre, et où l’on vit de grands moments à l’ombre d’un pédalo en forme de cygne blanc.

Lee Hae-jun, en su segundo trabajo como director, sorprende a propios y extraños con una película tremendamente original, en la que da una lección magistral -a Robert Zemeckis y su “Naufrago” entre otros- de como desarrollar un argumento tan aparentemente limitado:  la vida del único habitante en una isla desierta, desde la que se puede ver tierra al otro lado.  Tan solo la mente de un cineasta coreano es capaz de expresar de un modo tan sorprendente y metafórico -a parte de grandes dosis de comicidad- la soledad y aislamiento que puede provocar la sociedad capitalista en el ser humano. Un soplo de aire fresco.

…Il film sembra proporre un rifiuto della società massificata e consumistica e dei finti bisogni che ci induce ad avere, per sostituirla con una vita alternativa più essenziale e vicina alla natura.
Forse più che con “Robinsoe Crusoe” di Defoe si può azzardare un paragone anche con il romanzo “L’Isola di cemento” di James G. Ballard, il cui protagonista, in seguito ad un incidente automobilistico, si ritrova intrappolato in un’isola spartitraffico.
“Castaway on the Moon” è insieme divertente e coinvolgente, riuscendo inoltre a sollevare interessanti interrogativi sull’alienazione del mondo di oggi e sul nostro modo di vivere, senza dimenticare che è un film girato molto bene e con due attori efficaci. L’unico piccolo difetto è forse un po’ di retorica (la speranza…), soprattutto nella seconda parte, ma nel complesso il film è un trionfo…

4 commenti:

  1. Il cinema sudcoreano mi convince poco, ma questo è uno dei migliori: leggero, senza pretese, e originale la prospettiva da cui guarda alla morte.

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    1. bella la costruzione, sembra una scemenza, poi è un'altra cosa, una gran cosa :)

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  2. Oh, per una volta sono arrivato prima di te?

    Grazie per la "citazione".

    Ovviamente condivido tutto delle tue parole

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    1. in realtà abbiamo itinerari filmici che spesso si incontrano:)

      mai visto "My sassy girl"?

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