venerdì 30 maggio 2014

Giraffada - Rani Massalha

un bambino e le giraffe, è amore.
dalla tragica realtà nasce una fiaba che non perde di vista la realtà.
qualcuno dice che gli agli israeliani non li si dipinge in una bella luce. 
avete mai visto i soldati dei check-point abbassare le armi e fare i balletti?
non è un film storico, solo una storia d'amore di un bambino che diventerà vegetariano, se Allah esaudirà le sue preghiere.
adatto per grandi e bambini, bravi, come sempre, padre e figlio Bakri.
poche sale, ma c'è al cinema, perché annoiarvi a casa? - Ismaele






La dimensione fiabesca si intreccia con il conflitto politico, la commozione con la rabbia. Un padre vuole insegnare a suo figlio a non smettere di sognare. Ed è pronto a tutto per questo. Il bambino dagli occhi chiari bistrattato da ragazzini più duri di lui, sa cosa vuole e crede nella possibilità che suo padre compia dei miracoli, aiutato dalle sue preghiere genuine fatte a voce alta e mani innalzate verso il cielo. Come in uno specchio la giraffa femmina è incinta ma sarebbe pronta a morire pur di non essere costretta a vivere da sola; i due protagonisti hanno vissuto un’intera vita senza una donna di cui sentono ardentemente la mancanza - una madre, una sposa - subendo le regole della morale per cui la sofferenza e la perdita vanno superate, elaborate, dimenticate. Invece tutto il vissuto lascia delle tracce e i due uomini, quello piccolo e quello adulto, hanno un grande vuoto da colmare. Lo farà la nuova famiglia animale, il piccolo giraffino che nascerà o la generosa fotografa europea attratta fatalmente dagli occhi blu del veterinario? Dove potranno trovare una giraffa di sesso maschile per ricomporre un nucleo dove accogliere il futuro nascituro? si trova in un unico posto, che purtroppo si trova a Ramat Gan Safari Park, in Israele. 
Un percorso a tre nel deserto a fianco dell’erbivoro chiazzato dal collo lungo, che uno dei balordi che gironzolano attorno allo zoo definisce "il figlio di un cammello e un leopardo", una sorta di famiglia primigenia ricomposta (la sequenza più poetica della film), conduce ad un finale drammatico che non si poteva in nessun modo evitare. Ma nel cuore dello spettatore resta un senso di calore perché non può lasciare insensibili la dimostrazione che la pace può esistere, anche laddove le armi e la violenza sono gli unici strumenti di comunicazione.

Giraffada, liberamente ispirato ad eventi realmente accaduti nel 2002 a Qalqilya, racconta una situazione di cattività, quella degli animali dello zoo, come specchio della situazione in cui vivono i palestinesi dei territori occupati. Il muro che li separa dai coloni israeliani è coperto di scritte che sono grida di aiuto (in inglese e francese: dunque dirette alla comunità internazionale) e di murales che raffigurano le violenze continue nella zona. 
I coprifuochi, i controlli, i bombardamenti rendono la quotidianità quasi invivibile e fortemente surreale. E quale animale può rivelarsi simbolo migliore di questa assurdità di una giraffa, con il suo collo sproporzionato e il suo incedere goffo?...

What better animal than a giraffe – majestic and absurd all at once – corresponds to the absurdities of daily life in the West Bank, where a veterinarian may have his forceps confiscated and a young boy may be confronted by a knot of machine gun wielding soldiers at any moment? And what better place than a zoo where the beasts mill about waiting for the arrival of the carrot truck could better illustrate the frustrated existence of the Palestinians behind the separation wall? No matter your personal politics, Massalha’s beautiful Griffada cuts to the heart of the existential dilemma of the Israeli-Palestinian conflict and the human costs involved in a geo-political tug-of-war, reminding us that it’s 10-year-old boys and giraffes that suffer the most…

le rythme du film dérange. Assez étrange et mêlant des personnages différents et peut être trop poussés dans les clichés, qu'ils soient trop comiques ou trop antipathiques, il installe un récit saccadé. Et cela entraine la difficulté pour le spectateur de s'attacher à n'importe lequel de ces personnages. On aurait souhaité les connaitre un peu mieux, pas seulement voir leur caractères principaux poussés à leur paroxysmes. Il manque un peu de psychologie ne serait-ce qu'aux protagonistes. On ne sait pas vraiment ce que fait cette journaliste, interprétée par Laure de Clermont, sur le territoire palestinien. Et bien que Ziad boude une bonne partie du film et que son père aborde brièvement la mort de sa femme, on a du mal à sentir leurs émotions et par extension on leur porte difficilement de l'intérêt. Ce rythme bizarre et ces personnages un peu fades apportent donc un désintérêt pour l'intrigue et une certaine monotonie qui dessert malheureusement une histoire qui aurait pu faire rêver certains d'entre nous.

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