domenica 27 aprile 2014

Heli – Amat Escalante

Amat Escalante svolge quasi una cronaca, ma lo sguardo è troppo freddo e distante per poter entrare in empatia con la storia e i personaggi, almeno per me. 
altri film messicani che ho visto negli ultimi mesi, quelli di Antonio Méndez Esparza e Diego Quemada-Diez, per esempio, hanno un altro stile e colpiscono forse meno, ma lasciano di più.
sembra quasi che "Heli", che pure è un film che merita di essere visto, sia troppo geometrico, come se applicasse delle regole di sceneggiatura troppo rigide, come se Amat Escalante dovesse dimostrare di essere bravo, e dimostra di avere talento, ma nel tentativo si ingessa.
ha vinto il premio per il miglior regista a Cannes nel 2013, tra l'altro - Ismaele








Il risultato è un film irrimediabilmente freddo, vuoto, insistito, che tortura in certa misura lo spettatore, non solo perché lo costringe ad uno spettacolo senza sconti, rigorosamente in tempo reale, ma soprattutto perché non sa far altro che rincarare la dose della stessa minestra di orrore e disgrazia. L'accumulo, sempre più prevedibile, di conseguenze nefaste ai danni dei personaggi principali, con l'aggiunta di un paio di spietate incursioni sugli animali, anziché servire la causa del film, ne mina progressivamente la credibilità e la forza. 
Mentre i ragazzini spiaggiati sul divano guardano con gli stessi occhi e partecipano allo stesso modo delle immagini dei videogiochi "beat 'em up" e dei colpi reali inferti nel loro salotto, Escalante ci chiede di credere al suo film di fiction come ad una reale denuncia del cuore nero del Messico rurale, della corruzione della polizia e del caos che regola i rapporti umani e famigliari, ma la narrazione non è abbastanza vitale e pulsante per spingerci a farlo. La soluzione finale, poi, prevede una modalità di riscatto che lascia persino ideologicamente perplessi.

Il problema di fondo di Heli, se tale può definirsi, risiede nella studiata asciuttezza della messa in scena di Escalante: quasi volesse in realtà tenersi a distanza dalla materia del contendere, il regista messicano non arriva mai realmente a sporcarsi le mani con le turpitudini che prendono vita sullo schermo.
Anche la più brutale e insopportabile delle nefandezze (e tra cani trucidati, peni dati alle fiamme e impiccagioni il repertorio a disposizione appare piuttosto variegato) sembra trovare residenza all’interno della narrazione più per épater le bourgeois che per un reale scandaglio degli abissi dell’essere umano. Senza citare, tra l’altro, alcuni passaggi per lo meno discutibili, soprattutto per quel che concerne le difficoltà nella relazione sessuale tra Heli e la sua compagna, trattate con una superficialità psicologica francamente risibile. Rimane l’apprezzabile tentativo di Escalante – destinato però a rimanere sulla carta – di meticciare un corpus narrativo così denso e doloroso con svisate autoriali che arrivano a lambire i bordi del grottesco. Ma non può bastare.

Vedere questo film fa male. La violenza infatti è particolarmente profonda quando, oltre ad essere selvaggia nei modi, è studiata nelle intenzioni. Nel Messico del traffico di droga la corruzione contamina soprattutto il potere armato, quello della polizia e dell’esercito: la prima si abbandona ad un senso di impotenza moralmente ammorbante, il secondo, per contro, mantiene il proprio dominio sul territorio combattendo una guerra spietata contro gli inermi…

Si disperde nelle sconfinate lande messicane, Heli, e ne resta solamente una ricostruzione: tentata, sotto il profilo introspettivo e forse più riuscita, sotto quello formale. Perchè è qui, che in definitiva ritroviamo quel minimalismo impeccabile, quella fissità che caratterizzava i film precedenti. E con esso, anche lo sguardo di Escalante ora, si decentra, e si discosta dall'orrore; dirigendo la mdp lontano dall'azione (la vendetta), ai margini dello schermo oppure, con incedere più reygadasiano, virando verso un cielo stellato (uno dei frammenti migliori), nel quale Heli può osservare, speranzoso...

…Il film e’ un racconto senza vie d’uscita: la realta’ messicana e’ messa in scena oggettivamente, con uno sguardo che non e’ mai interrogativo o critico. Escalante si limita a rappresentare uno stato di fatto, un mondo retto da una violenza inesauribile, che appare nascosta, ma che e’ pronta a difendere il proprio potere senza arretrare di fronte a nulla.
Lo stato risponde con gesti puramente dimostrativi, bruciando e sequestrando tonnellate di droga, ma e’ solo la punta dell’iceberg. La polizia e’ completamente impotente.
Il quadro e’ inquientante, di fronte alle torture si rimane impietriti, soprattutto per l’atmosfera di ordinaria follia che si respira.

…Il motivo per il quale però Heli è un grosso pallone al cui interno non c’è nulla, gonfio di pretese e silenzi, di paesaggi e volti, è che a tutto questo non è mai collegato uno sguardo cinematografico degno di questo nome. Vediamo accadere molte cose ma senza che Escalante sappia guardarle con la pietà oppure l’odio, con l’indifferenza oppure il coinvolgimento che servirebbero a fare il passo da un tema banalmente da festival, ad un film che abbia qualcosa da dire.
Con la sua sospensione di giudizio, l’alibi di voler solo mostrare personaggi e lasciare che interagiscano, Escalante dimentica anche di porre uno sguardo su tutto questo, che non significa giudicare ma saper mostrare eventi, cose, persone e luoghi in una maniera che dia un significato al tutto o che sia anche solo in grado di stimolare un pensiero nello spettatore, in virtù di immagini o momenti a cui non si può rimanere indifferenti.

…questo film è stato accostato, per la violenza esibita in maniera molto molto realistica, a Kinatay di Brillante Mendoza. È vero, il paragone è molto calzante: i due film si assomigliano molto. L'unica differenza sta nel fatto che nel film di Mendoza la violenza è vista come un male necessario, una consuetudine, un lavoro come gli altri, da accettare così com'è, senza farsi troppi problemi morali, mentre qui è come un cancro, con metastasi diffuse, che prima o poi si espanderanno anche alle parti sane…
da qui

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