domenica 7 luglio 2013

Scarabea - Di quanta terra ha bisogno un uomo - Hans-Jürgen Syberberg

un film che non t'immagini, il diavolo e i sardi diabolici preparano una festa, ricordano, mutatis mutandis, gli isolani di "The wicker man" (di Robin Hardy).
allora, alla fine degli anni '60, la Sardegna era esotica e aliena, e pero' c'era il cinema, e si vedono i "banditi" che in modo grottesco fanno gli indiani, in un film nel film.
e alla base c'è un (famoso) racconto di Tolstoj.
da non perdere, è un ufo che ti stupirà - Ismaele 


QUI (prima parte) e QUI (seconda parte) il film completo

 

 

 Syberberg, oggi settantottenne, divenuto celebre per le monumentali riletture del mito tedesco otto/novecentesco all'insegna di Wagner e Hitler, decise di girare in Sardegna il racconto/apologo dello scrittore russo (un uomo, sfidato dal diavolo, muore di fatica dopo aver percorso, per scommessa, le tante terre che gli sono state promesse a titolo gratuito), dopo aver scartato altre ambientazioni "meridionali" ormai turisticizzate. Eppure, anche il viaggio in Sardegna - che per Syberberg fu davvero una scoperta - finisce per approdare ad un "sottotesto" ironico e surreale in cui le tradizioni apparentemente immobili dell'isola sono ormai totalmente teatralizzate e folclorizzate, destinate al cinema western o al mito del banditismo…

da qui

 

A maggio e giugno del fatidico’68 a Oliena, su Gologone e sulla costa orientale il regista tedesco Hans Jurgen Syberberg girava SCARABEA-DI QUANTA TERRA HA BISOGNO UN UOMO? tratto liberamente da un racconto di Tolstoj. La pellicola narra la storia di un manager tedesco che gira la Sardegna in cerca di un terreno da acquistare, finisce per fare una scommessa con gli abitanti di un villaggio (Oliena), sarà proprietario di tutta la terra che riuscirà a percorrere dall’altopiano al mare nell’arco di una giornata. L’opera di Syberberg ha un taglio in parte narrativo (l’evolversi della vicenda), in parte documentaristico alla Fiorenzo Serra in certi tratti, in parte sperimentale (una troupe sempre tedesca che gira un documentario e una parodia dei film sui banditi per poi riapparire al termine della scommessa), fino ad aprirsi a degli squarci pop (le scene sulla spiaggia e la presenza stessa della sensuale Nicoletta Machiavelli, nei panni misteriosi della fotografa Bettina). Uno sguardo lucido, intelligente e decisamente originale quello di Syberberg su un angolo della Sardegna, sulla sua popolazione e le sue usanze, tecnicamente ancora valido a quarant’anni dalla sua uscita in Germania e in svariati festival, ma non in Italia dove lo si è visto per la prima volta, grazie a FUORI ORARIO, nella settimana di ferragosto del 2007!

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 Si tratta di una vicenda semi-surreale, narrata in modo sfocato, con alcuni personaggi che non si sa di preciso chi siano e che ruolo abbiano nella storia (chi è la ragazza? cos'è quella strana troupe cinematografica e che ci fa lì?). Non mancano insistiti primi piani su particolari truculenti, come lo sgozzamento degli animali (ma perché poi? quelle scene piacevano al regista?). Non sono animalista, ma non capisco perchè bisogna mostrare certe cose. La narrazione, specie verso la fine, è piuttosto confusa, e appunto sfocata…

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…aneddoti interessanti. Il primo: Syberberg all'inizio aveva pensato all'isola d'Elba, esclusa perché piena di turisti, la Sardegna fu una scelta casuale. Lui non sapeva niente ma non ebbe difficoltà a entrare in empatia con la popolazione di Orgosolo e Oliena, i luoghi dove venne girata la maggior parte del film. Obbligandolo a modificare la sceneggiatura perché l'ambiente isolano gli imponeva nuove suggestioni. «La macellazione arcaica, i seni delle donne col latte, la chiesa in montagna, tutte cose che non potevi inventare alla scrivania, molte non potevano essere nel copione perché le ho viste lì, sul luogo». Dalle parole di Syberberg emerge come la Sardegna abbia forgiato il film, o meglio come lui sia stato capace di lavorare su una fortissima identità locale, entrando negli anfratti più segreti, senza mai ridicolizzarla o farne cartolina turistica. Si pensi alla scena delle donne che innaffiano col latte dal seno il manager tedesco: «Era pericoloso, andavano contro l'onore dell'uomo sardo. Però le donne di Orgosolo hanno accettato, sebbene a volto coperto. Il nostro patto era: voi non dite nulla e noi non diciamo niente. Per quella ripresa, in un luogo segreto, eravamo in tre: l'operatore, il fonico e io». La conversazione si allarga ad altre curiosità: Grazia Deledda usata come fonte di documentazione, la vera identità degli interpreti tedeschi (un conte squattrinato, un giornalista, lo stesso fonico). Ma c'è un dettaglio che svela l'integrazione fra Syberberg e l'Isola: comprò una mastruca e se la portò in Germania, indossandola per lunghi anni. Anche per questo - come giustamente dice Cubeddu - Scarabea è uno dei rari film che ha «tolto l'anima della Sardegna». Sergio Naitza

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inizia così:

4 commenti:

  1. Grazie, una vera chicca!! Una Sardegna archetipica, ormai purtroppo scomparsa, affascinante, misteriosa, stranissima. Molto, molto interessante...

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  2. e pochi lo conoscono, purtroppo, è gran cinema

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  3. è veramente un gran film, ricco di allegorie e contrasti, oltre che un'accusa al "cinema di genere"...l'alone grottesco che lo circonda è eccellente, perché riguarda sempre Bach e gli stereotipi che vengono suscitati più dagli esatti contrari...le tradizioni del luogo che vengono invece rispettosamente e dignitosamente salvaguardate. Un esordio già completo di simboli e temi cari a Syberberg. Sarebbe interessante sapere se e quanto Guerra/Tarkovskij si siano ispirati all'esito dell'impresa per il loro Nostalghia. E' tanto che mi dico di recuperare il testo di Tolstoj, forse la fonte è lì piuttosto.

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  4. è straordinario, è ricco, sembra un po' da antropologo alla Levi Strauss la sceneggiatura, ma con in popolo "inferiore" che batte chi vuole imbrogliarlo, l'osservato che si burla dell'osservatore, con una potente presa in giro del folklore e dei pregiudizi.

    credo che la fonte di tutto sia Tolstoj, in una storia universale e chiara per tutti, ognuno può declinata in modo diverso, la fine è uguale per tutti.

    è davvero incredibile che film così potenti possano cadere nell'oblio ed essere riscoperti quasi per caso, dovremo fare come quei lettori di "Fahrenheit 451", alla fine, dobbiamo anche noi, nel nostro piccolo, tenere in vita la memoria che certi film sono esistiti e ci sono ancora

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