mercoledì 31 luglio 2013

Salvo - Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

il cortometraggio di esordio di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, nel 2009, era "Rita". 
l'ho visto su Arte, in rete non si trova, lì la protagonista è Rita, una bambina cieca.
"Salvo" sembra il proseguimento, Rita è cresciuta, vive nel mondo dell'oscurità, Salvo fa il killer e il latitante, si incontrano e non si lasciano più. 
non c'è molto altro, ma c'è tutto, c'è la durezza di esser cieca, quella di avere un ruolo al quale non si può fuggire, se ci provi sei finito, mi piace pensare che Rita sia riuscita a salvarsi, lontano.
bravissimi Rita e Salvo (figlio del grande Mohammed Bakri), e bravissimo Luigi Lo Cascio, in un ruolo piccolo e prezioso.
cercatelo, un film da non perdere - Ismaele





…Lunghe attese, pochissimi dialoghi.
Ferite che si rimarginano senza interventi di medici.
Pasti consumati in luoghi squallidi. In angusti locali sotterranei.
Impossibilità di vivere un quotidiano luminoso, sereno, altro.
Non esiste alterità nella scelta mafiosa.
La vita è una sorta di espiazione, di costrizione ad un’emarginazione necessaria.
In questa prospettiva, parlare di Palermo, o della Sicilia, non avrebbe alcun senso.
Non sono questi, infatti, gli oggetti della narrazione, tutta filtrata in una chiave simbolica ed allegorica.
Gli obiettivi (quello della macchina da presa, e, quindi, quello narrativo dei registi) non devono, pertanto, orientarsi nel catturare un luogo, quanto piuttosto “l’impressione” di uno stile di vita. Un’ambientazione emotiva, che sia, in qualche misura, lo specchio delle angoscianti ore della vita, della gente di mafia, potente, magari, per qualche anno, ma costretta a vivere nascosta, e continuamente ossessionata dall’idea che qualcuno, prima o poi, la tradirà.
Questo fa sì che la lunghezza del film, deve servire proprio per trasferire nello spettatore, la pesantezza di una simile condizione esistenziale…

…Se non ci fosse una chiara idea di regia a supportare il film, questo senso di oppressione non verrebbe fuori, ma Piazza e Grassadonia hanno prestato un'attenzione maniacale al suono e alla fisicità dei loro attori, che premono contro i bordi di inquadrature claustrofobiche con una ribellione dapprima sommessa e poi potente, rabbiosa.
Anche se i personaggi sembrano destinati al fallimento in nome di una hybris che ha portato lontano dal seminato quelli che li hanno preceduti, per loro è possibile un doppio miracolo: riacquistare la vista e cominciare a vedere veramente, perché solo vedendo in profondità si può intervenire sulla realtà. O almeno immaginare di farlo.
Una nota di merito, infine, va agli attori di Salvo: a Saleh Bakri, che non essendo siciliano rende il suo personaggio archetipico e nello stesso tempo straniante, e a Sara Serraiocco, che negli occhi accecati da lenti oscurate ha saputo esprimere l'angoscia di un animale braccato.

On comprend rapidement que le personnage de jeune loup solitaire et sans attache est partagé entre sa mission et son désir profond de raccrocher. Mais malgré l’effet de miroir entre le silence dans lequel il se mure et la vue qui fait défaut à la jeune et belle captive, on a du mal à croire qu’un quelconque lien puisse les unir… et finalement, ce changement de rythme finit par lasser, faisant passer le film de bel essai à un polar sans grand intérêt.

Il merito dei due registi è insomma quello di aver lasciato spazio a immagini incisive e di aver permesso che il cinema fluisse senza ostacoli di sorta, lasciando le parole (superflue) a pochi personaggi, l'orrido boss o la stravagante coppia che copre la latitanza di Salvo, tanto impaurita, quanto affascinata dalla presenza del sicario in una delle loro stanze senza condizionatore. L'estrema naturalezza del risultato è in realtà il frutto di uno scrupolosissimo e sofisticato lavoro di regia; il piano sequenza iniziale che vede Rita terrorizzata dalla presenza del 'nemico' in casa riesce a mostrare la fragilità della donna, quel senso di isolamento che traspare da ogni sospiro e che avvolge anche noi spettatori. Poco altro sappiamo di lei e della sua vita. Di certo è la donna che riesce a dare concretezza alla figura di Salvo il cui volto ci viene sempre nascosto, se si eccettua per il particolare degli occhi glaciali, e che riusciamo a vedere solo quando Rita entra in campo e ritrova la vista…

Non bisogna però lasciarsi trasportare troppo dall’entusiasmo; perché, se è vero che Salvorappresenta una palese boccata d’aria in un cinema spesso ristagnante, d’altro canto non si può evitare di notare alcuni difetti che la pellicola mostra apertamente. La povertà dei dialoghi, che si alterna con le battute rumorose dei comprimari, se da una parte aiuta ad entrare nella diffidenza dei due protagonisti, dall’altra rischia di appesantire lo spettatore avvezzo a ben altra formula cinematografica. Il confine tra poesia e noia, in taluni casi, è piuttosto labile. Ma il vero punto debole della storia è la commistione di più generi: si passa dal noir al western, dalla commedia nera alla storia d’amore, quasi senza continuità. La mancanza di equilibrio tra le varie parti si fa sentire implacabilmente, spingendo la fruizione in una forsennata danza tra le varie parti messe in gioco. Nonostante questi difetti, Salvo si affaccia sul cinema italico con la sua aria innovativa, un racconto dall’impianto classico che però rinuncia agli stilemi stereotipati della drammaturgia mafiosa, restituendo una storia d’amore improbabile, in una Sicilia dove la piaga della criminalità organizzata si alterna al miracolo impossibile tra due reietti. Storia di visione, di libertà e di amore: un ottimo inizio per la carriera registica dei suoi autori.

Salvo si presenta come un film fortemente metaforico: la cecità fisica di Rita è anche la cecità mentale del protagonista, che rappresenta a sua volta la cecità, o meglio, l'omertà dei palermitani, abituati a vedere senza reagire. Così, quando Rita recupera la vista, Salvo recupera la propria umanità, la capacità di dare e ricevere affetto; lei riesce a vedere il mondo attorno a sé, lui vede lo squallore del mondo in cui stava vivendo. I dialoghi sono quasi assenti, i protagonisti in particolare pronunciano sì e no una decina di parole. A parlare molto è il boss, con parole ridondanti ma in realtà vuote e menzognere. I silenzi in questo film riescono a dire molto di più che le poche parole, gli occhi dei protagonisti sono una porta per legger i loro pensieri, e la bravura degli interpreti e dei registi riesce a farceli leggere con chiarezza…
da qui

6 commenti:

  1. Non ho mai visto questo film, dopo aver letto il tuo post e visto il trailer lo aggiungo alla mia lista di film da vedere (che cresce ogni giorno di più!)
    Passa da me se ti va

    http://lovedlens.blogspot.it

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    1. sono passato, ho visto che mi puntavano addosso una pistola:)

      per la lista stai tranquilla, finché c'è lista c'è speanza

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  2. Eh, ne parlavo proprio tempo fa con un utente su Mubi che lo ha visto a Cannes, ma che però non ha apprezzato. A me invece continua ad attirare e la tua segnalazione mi invoglia ulteriormente a un recupero, grazie!

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    1. non è un film facile, per esempio d'estate all'aperto perde moltissimo, credo, la fotografia di Ciprì l'ho apprezzata al chiuso.
      è un film con molti silenzi e molti rumori, provaci, merita

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  3. Anch'io avevo diverse riserve, vedrò di recuperarlo quando uscirà a noleggio. Grazie!

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  4. cerca anche "Rita", una bellissima introduzione a "Salvo"

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