giovedì 18 ottobre 2012

Tutti i santi giorni - Paolo Virzì

uno sguardo fresco sul mondo di oggi, una piccola storia che sta dentro la storia più grande del nostro paese,  
la vita precaria, in tutti i sensi, per esempio.
una moderna commedia all'italiana, con alcuni momenti comici irresistibili.
da non perdere - Ismaele

PS: Guido e Antonia sembrano i fratelli grandi di Silvestro e Camilla dei "Dieci inverni", un piccolo grande film del 2009




Il film racconta la storia d’amore tra Guido, timido e coltissimo ragazzo appassionato di lingue antiche, di santi e martiri protocristiani che si guadagna da vivere come portiere di notte di un hotel, e Antonia, irrequieta e permalosa, aspirante cantautrice siciliana impiegata in una società di autonoleggio. I due si incrociano tutti i santi giorni la mattina presto, quando Guido torna dal lavoro, sveglia Antonia con la colazione e finiscono per fare l’amore. Il loro legame sembra indistruttibile, finché, il pensiero ostinato di un figlio che non viene nonostante i ripetuti tentativi, mette in moto una serie di conseguenze imprevedibili.
Una coppia fatta di opposti che si attraggono, una coppia innamorata davvero, due giovani precari nel lavoro (come tanti) ma saldissimi nei sentimenti. Due giovani che abitano in periferie lontane dal lavoro per necessità (ancora come tanti), due ragazzi educati che condividono il vicinato con giovani coppie meno educate, un po’ cafone e con rumorosa prole al seguito. Ed ecco il punto nodale, i figli, i figli desiderati che poi non arrivano…

Così tenera che si taglia con un grissino. E' la love-story in punta di piedi firmata Paolo Virzì, così vicina al minimalismo romantico targato Sam Mendes (quello di Away We Go, ovviamente) da adombrare il plagio. Non lo è ed è un peccato. Perché Tutti i santi giorni sono buoni finchè il regista livornese riesce a mantenere - la prima ora, minuto più minuto meno - un registro tonale degno di un sussurro, intimo come una sonata di Schumann. D'altra parte di sonate abbonda il film, con la bella scoperta Thony (musicista indipendente di origini siciliane) che, prova convincente a parte, regala al film - e a noi -un repertorio di ballate a metà strada tra Jony Mitchell e Norah Jones. Arrivano come carezze.
Thony è Antonia, Luca Marinelli - una conferma - Guido. Sono giovani, carini e innamorati: lui, portiere di notte in un albergo romano a 4 stelle, ragazzo timido ed erudito (soprannome: Guidipedia), esperto in letteratura protocristiana, tanto da meritare le avances di prestigiose università americane; lei, cantautrice dalle spiccate qualità di scrittura e una voce cristallina, costretta a lavorare in un autonoleggio sulla Tiburtina. Due degli innumerevoli talenti sprecati di Italia nostra; due anime belle che, nonostante l'impossibilità di procreare, si tengono e si amano l'un l'altra con complicità, semplicità, tutti (e nonostante tutto) i santi giorni

...Il ruolo della fidanzata del portiere di notte (ben interpretato da Luca Marinelli) diventa fondamentale, anche per la presenza magnetica della cantante e per la voracità scenica del suo personaggio, e la loro storia d’amore prende diverse direzioni. Fanno l’amore tutti i santi giorni, appunto, pur incontrandosi solo all’alba, quando lui rientra e lei esce. Una bella idea di precarietà del rapporto di fronte alla solidità di un sentimento che però, con l’acuirsi della crisi (il bimbo non arriva) vacilla. Lei incontra un vecchio amante, cantante cialtrone ma selvaggio; lui, candide ingenuo e innamorato, resiste e aspetta. Intorno, figurine di contorno un po’ stereotipate, come i vicini di casa coatti o i rispettivi genitori, troppo “scritti” nel loro essere agli antipodi. Nonostante alcuni momenti davvero felici (esilarante il dialogo sull’onanismo surreale tra il portiere e l’ospite cinese) il film è come imbrigliato nella propria programmaticità, quando la commedia (e Virzì lo sa) ha bisogno di volare libera…

...Virzì, con il consueto brio narrativo, sonda la vita quotidiana di questa originale coppia, e, quasi come in un dramma uscito dalla New Hollywood, fa vivere la vicenda attraversi piccoli gesti, situazioni ordinarie e quotidiane, attraverso cui si ride (lo spermiogramma di Guido, i buffi medici che assistono Antonia durante i suoi tentativi di rimanere incinta), si piange, ci si identifica. E il finale, per quanto lieto e quietamente ottimista, in linea con la tradizione della commedia "all'italiana", di cui il regista è uno dei pochi validi eredi, non cancella il retrogusto amaro di questa commedia in cui "nonostante tutto", la vita va avanti, e va presa così com'è. 

"Tutti i santi giorni" non cambierà la storia del nostro cinema, e non ha nemmeno l'ambizione di farlo, per fortuna, ma è una pellicola sincera, mai scontata, cosa rara oggigiorno, che in un mondo ideale (magari lo stesso in cui ogni canzone dei Virginiana Miller si sarebbe trasformata in una hit radiofonica) dovrebbe ottenere il riconoscimento di pubblico che merita.

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