mercoledì 19 settembre 2012

È stato il figlio – Daniele Ciprì

almeno due motivi per vederlo, le facce e Toni Servillo.
tratto da un romanzo, molto bello, di Roberto Alajmo, racconta una storia, come dice Busu, un tale, che per un graffio alla macchina uccise suo padre...
da non perdere - Ismaele



Ci sono andato con parecchi pregiudizi. Mai stato un entusiasta di Cinico tv e relativo duo registico Ciprì-Maresco, magari un estimatore sì, però la passione mai. Lo spettacolo del turpe, anche se messo in scena con rigore e alto senso dello stile e della forma, mi ha sempre suscitato un qualche rigetto, che volete farci. Però. Però questo È stato il figlio m’è parso una gran riuscita, un film importante soprattutto nel non ben messo panorama del cinema italiano. Storia siciliana, di sicilianitudine assoluta per visceralità, cupi estremismi, umori, amori e disamori. Fors’anche una rischiosa galleria di cliché sulla Sicilia e sul suo degrado fisico, ambientale, morale, che se non l’avesse messa in piedi un palermitano le anime belle del politicamente correttissimo si sarebbero già scatenate. Una Sicilia torva, naturalmente criminogena, postaccio brutto, sporco e cattivo (l’allusione al film di Scola non è per niente casuale, avendo parecchi punti di contatto con questo, a partire dal familismo più darwinianamente amorale) dove ogni pietà è morta, la sporcizia si accumula ovunque, i picciotti più o meno immafiositi imperversano, la burocrazia è sadica, e dove conta solo la pura, animale possibilità di sopravvivere in un universo di sberluccicanti consumi…

Forse meno estremo da un punto di vista di impatto visivo rispetto ai precedenti lavori in coppia con Maresco, E’ stato il figlio conserva comunque una poetica disperata ma anche romantica, un tono caustico, graffiante sebbene mai gratuito o scandalistico. Un film italiano bello e importante, che non pecca né di populismo né di snobismo intellettualoide, ma che può essere preso come termine di paragone per un cinema finalmente inventivo, antiretorico e ruspante.

Busu (Alfredo Castro) è seduto in un ufficio postale, dove paga bollette altrui in cambio di un compenso. E' lui il narratore, la versione cipriana di Forrest Gump, che in attesa del suo turno racconta storie a metà tra la cronaca e la fantasia, senza curarsi della gente che si ferma, lo ascolta e se ne va. Nessuna piuma gli si posa sulle ginocchia. Piuttosto un incidente mortale, oltre la vetrata alle sue spalle. Imperturbabile come in "Post Mortem" di Pablo Larrain(in concorso due anni fa a Venezia) Castro/Busu si rivolge alla sala: "Conoscevo un tale, che per un graffio alla macchina uccise suo padre…

4 commenti:

  1. Ecco un film che mi ispira molto, sia per Ciprì, sia - sopratutto - per Servillo.

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  2. Servillo ormai è un grande, riesce a interpretare personaggi del tutto diversi in maniera appassionante e coinvolgente per chi guarda, e in questo film non delude, anzi...

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  3. Io lo considero il miglior attore italiano vivente. Eclettico, versatile, convincente, efficace sempre.

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  4. in effetti, se fra gli attori c'è lui, quel film vado a vederlo, con fiducia:)

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