lunedì 6 agosto 2012

Politist, adjectiv - Corneliu Porumboiu

un film lento, ma una lentezza davvero estenuante, succede poco e niente, e però è un film davvero grande, il mondo corre, la Romania corre e qui si fa un'indagine lunga costosa e faticosa su una cosa davvero minuscola.
Cristi ha le sue idee, ma deve mangiare.
un film che merita - Ismaele



Cristi, un giovane poliziotto indaga su un banale affare di spaccio di droga e, appostato da una settimana, si nasconde, pedina un giovane e i suoi due amici, prende nota di ogni movimento, di ogni dettaglio, e attende. Dei film polizieschi conosciamo a memoria gli inseguimenti, le inchieste, gli spari, ma di rado gli estenuanti appostamenti, quei lunghi momenti in cui non c’è nulla da fare.
Porumboiu prova a far sperimentare allo spettatore il baratro in cui precipita Cristi durante gli interminabili appostamenti.
L’uomo non ha paura di costruire un film di una lentezza avvincente nella quale conviene entrare per apprezzarne ogni piano. Perché la sua è una scelta audace. Delle due ore di durata del film, la metà si svolge senza parole, solo il suono della strada, dei passi sull’asfalto, del pedinamento del poliziotto, del rumore. Nulla viene detto, lo spettatore si ritrova confrontato con questo silenzio, deve adoperarsi per comprendere cosa accade. La trama prende forma poco a poco, la posta in gioco per il personaggio del poliziotto si costruisce in crescendo per giungere alla tensione finale.
Laddove il dominio del tempo è spesso dimenticato da molti registi che stentano a tagliare le scene “lunghette”, Porumboiu sostiene il suo film da cima a fondo. Le lungaggini non sono qui mai involontarie, la riflessione sul tempo è impressionante e si coniuga con il lavoro di abile padronanza spaziale delle immagini. Questo perché i luoghi conservano sempre una loro parte implicita. Sappiamo di essere in Romania più per gli scopi, le intenzioni del protagonista che per lo scenario che lo accoglie. E questa Romania appare a momenti cupa, indistinta nel rapporto tra il giovane poliziotto e la sua amministrazione.
Lui si vede come un riformatore volto al futuro, convinto che i giovani non verranno più perseguitati dalla polizia solo per essersi fumati una canna; la sua amministrazione non condivide questo punto di vista. Questo confronto finisce per soggiogare i pedinamenti come in un stupefacente braccio di ferro finale dove la logica della macchina amministrativa (che ci ricorda Kafka) ha la meglio sull’idealismo.
Ma il talento di Porumbiou supera questi aspetti iniettando nella storia in punta di pennello un umorismo straordinario che aggiunge un’altra dimensione a questo lungometraggio…

Au casting de ce film à l’action minimaliste mais au discours lourd de sens, les très justes Dragos Bucur (« Boogie », « L’homme sans âge ») et Vlad Ivanov, acteur fétiche de Cristian Mungiu. Ils sont parfaits dans les plans-séquences. Dommage que le réalisateur en use et en abuse. Celà rebutera certainement plus d’un spectateur.

Les scènes « d’attente » nous renvoient aux plus interminables salles d’attente de n’importe quelle administration française et les filatures durent mais duuuurent tellement, qu’elles donnent davantage envie de se faire la belle que de voir comment elles vont finir. Bref, si la réalisation est en soi un véritable parti pris audacieux et compréhensible, elle risque d’ennuyer puis de décourager les plus fervents défenseurs des films « où il ne se passe rien »… Dommage, il y avait, par-ci par-là, de vrais moments de comédie qui donnaient beaucoup de charme au film.

…"Police, Adjective" describe los dilemas éticos y morales de un detective al que le encargan vigilar a un estudiante secundario que todos los días consume cigarrillos de marihuana en un parque. Su superior y un procurador quieren que investigue quién le provee la droga, con quién la comparte y desbaratar así el "tráfico". Pero el protagonista está convencido de que se trata de un muchacho cualquiera y va dilatando el caso para no tener que detenerlo por una simple tenencia, delito que en Rumania -al contrario que en el resto de Europa donde está despenalizado- tiene un mínimo de tres años y medio de prisión.

Porumboiu se sumerge en los problemas de conciencia, filma la cotidianeidad del policía (los diálogos con sus compañeros de trabajo y con su esposa) y su obsesivo seguimiento del caso, mientras va descubriendo las miserias burocráticas y la tendencia represiva de una sociedad que todavía no ha podido quitarse del todo la pesada carga de su pasado comunista.

El film tiene una puesta en escena precisa, un nivel de observación y de detalle que lo hace implacable, un humor que la platea festejó a cada minuto, y un nivel actoral sublime. Pero lo más importante de todo es la inteligencia con que Porumboiu construye y deconstruye el relato, cómo va agregando capas y niveles de lectura, cómo el final aumenta y resignifica todo lo que se ha visto hasta entonces. Una película pequeña y enorme a la vez.

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