venerdì 22 giugno 2012

Il dittatore – Larry Charles

un po' Borat, l'estraneo che arriva in Usa, e vede e racconta molte cose che non vanno.
all'inizio sembra ispirato a Gheddafi che arriva a Roma, poi ce n'è per tutti.
battute spesso divertenti, anche più, ma nel complesso mi è sembrato un film un po' deludente, rispetto alle attese, nel senso che spreca e si adagia troppo.
visto a pochi giorni da "Red State", capisci che "Il dittatore" è intrattenimento e "Red State" e cinema politico.
ma una visione "Il dittatore" se la merita di sicuro - Ismaele




Leader e sosia, a cui è sempre destinata una pallottola, l'attore inglese sceglie un'altra identità e si permette di volare sopra il cielo di Manhattan alla ricerca della barba perduta e producendo umorismo intorno all'undici settembre. E dopo la finestra sul ‘cortile' di Ground Zero del broker di Spike Lee, Baron Cohen sceglie un punto panoramico più ‘sensibile' da cui guardare l'America come rappresentazione dello spazio occidentale, sferzando gentili, arabi, ebrei, indiani, siriani e qualsiasi altro genere di etnia secondo le regole della sua poetica e alla maniera di Peter Sellers. Egoista ed egocentrista, il dittatore di Baron Cohen fa tutto quello che gli passa per la testa, è un incubo per il prossimo, la pallottola a lui destinata colpisce sempre qualcun altro e lui si limita a prenderne atto e ad andarsene, libero di licenziare, giustiziare, torturare, stuprare, dichiarare guerra. Ebreo ‘gentile' fuori dal set, l'attore archivia il reduce orfano di Hugo Cabret e recupera la modalità violenta, una sublimazione di istinti aggressivi che vengono ridotti a irresistibile momento ludico e demenziale. 
La comicità di Sacha Baron Cohen è una faccenda paradossalmente seria che scarica il dolore del mondo, esorcizza il male, avverte in anticipo le paure dominanti scherzandoci sopra e dando loro una forma e un nome, soddisfa le esigenze emotive del pubblico pescando il riso dal ‘basso' ma radicandolo nello spirito.

Chaplin irrideva e triturava il presente, Kurosawa ricordava e intrepidamente dava vivacità al mondo circostante mentre Larry Charles (e l’alter-ego che diventa partecipe di se stesso) schiuma rabbia con fugacità irrisolta e maestria un po’ rabberciata. Certo i confronti sono irriverenti (se ne rende conto benissimo chi ha visto il film e ne scrive) ma per smuovere veramente le acque si deve andare fino in fondo con una risata piena e un gioco di smarco ficcante e portentoso senza aggiungere manifestazioni (per carità gustose) e risvolti deretani, eiaculanti e fortemente puzzolenti. Il trash arriva in un tempo ristretto (appena non te ne rendi conto appare fuori dalla finestra) e sfacciatamente si appropria del tutto…

...Rimanendo in tema di terrorismo, “Il dittatore“ non è altro che un attentato al perbenismo, che prende di mira i  benpensanti, quelli che comunemente in Italia chiamiamo i moderati, strappando la risata in una esplosione di situazioni comiche e grottesche, superando molte volte il limite della decenza. Ovviamente la lettura che si può dare della pellicola è su più livelli. Se andate al cinema per la risata facile non rimarrete delusi, ma se andate oltre l’apparenza, nel lavoro di Sacha Baron Cohen potete trovare anche qualche cosa di più: riflessioni sull’attuale situazione mondiale, che fanno scattare inevitabilmente quel riso (ahinoi!) amaro. Con quest'ultimo lavoro, Baron Cohen ci fa dimenticare il poco riuscito "Bruno" e ritorna alle gag di "Borat", avvalendosi anche di un grande cast, con nomi del calibro di sir Ben Kingsley e Anna Faris, che qui interpreta la bella di turno con tanto di ascelle pelose…

Non bastano un comico dalle capacità comunque notevoli e un personaggio radicalmente scorretto a fare un buon film. Lo dimostra in maniera piuttosto evidente la nuova collaborazione tra il regista Larry Charles e la star Sacha Baron Cohen. Il dittatore è un lungometraggio in cui si possono trovare una grande quantità di scene divertenti, di battute corrosive, di situazioni che possono far sorridere a denti stretti oppure far gridare all'insulto. Eppure questi fattori messi insieme tra loro non riescono a comporre un film convincente, soprattutto perché basato su una sceneggiatura troppo fragile…

…Il grosso interrogativo a priori era la tenuta complessiva della trama nella prima prova completamente di finzione di Cohen. Ci sono effettivamente sketch - anche fantastici come quello dell'elicottero - che sono abbastanza a sé stanti (pronti per YouTube, per così dire) e interrompono lo scorrimento narrativo. Ma giunti alla fine del film si vede come il quadro formato sia abbastanza coerente - e più che un quadro è uno specchio in cui ridendo vediamo riflettersi nel grottesco di Wadija le nostre democrazie svuotate di senso (democrazie de-democratizzate come un caffè decaffeinato, dice Slavoj Žižek).
Certo, dalla recitazione di Cohen si poteva sperare di più (il sosia è un'occasione sprecata) e la regia si limita ad essere funzionale alla sceneggiatura - la bellezza del movimento di macchina, dell'inquadratura, la raffinatezza del montaggio vanno ricercate altrove…

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