domenica 24 giugno 2012

Detachment - Tony Kaye

un miracolo che venga fatto un film così e che arrivi nelle nostre sale.
una storia nella quale confluiscono tante storie terribili, con molte ombre e qualche sprazzo di luce.
un film che parla di scuola senza troppe speranze
e poi c'è un bravissimo Adrien Brody, che mi ricorda Giorgio Gaber da giovane, e anche Erica, una ragazzina che riesce a sorridere.
da non perdere - Ismaele




…Triste, poetico, pluripremiato, “Detachment – Il Distacco” è un film duro e difficile, che non lascia spazio alle illusioni e all’ottimismo. Attraverso uno stile documentaristico e realista, la pellicola di Kaye, ci mostra le gravissime falle del sistema scolastico pubblico americano nonché le ripercussioni disastrose e tragiche che questa falle hanno sugli studenti, sui ragazzi ma anche sugli insegnanti di queste scuole ridotte ormai alla totale deriva.
Adrien Brody (eccellente), con volto sempre triste e contrito, è la guida di questo viaggio faticoso e doloroso in cui non c’è più posto per i sogni o per le speranze ma solo per la rabbia, la cattiveria, la sofferenza e talvolta, purtroppo, anche la resa. Il lieto fine, insomma, è lontano anni luce: non lo cercate neppure se andate a vedere questo film.
Il trailer: ingannevole. Rende il film più “leggero” di quel che è.

…The beauty of this movie comes within the subtext, whether you can directly relate with the characters or not, the movie takes the message and widens its range so everyone is able to understand the actual meaning of the film. Let's clear things out, this film is not about a school or the basis of education, this is about trying our best not to give a damn about others as most of us just go around doing everything in our power to be happy ourselves with a lousy job, a loveless marriage, a constant sense of abandonment or basically a crappy life (all of the above portrayed marvelously in the film)…

Lo stranito Henry Barthes (Adrien Brody, poveraccio) insegna letteratura in un high school. Se gli studenti sono criminali in erba, i genitori sono anche più maneschi e strafottenti. Tony Kaye finge di mettere sotto accusa il sistema educativo americano, ma è più interessato a scimmiottare l’incolpevole Camus, raccontando un patetico “étranger” made in Usa. Intellettualismi a non finire, sostanza filosofica (e cinematografica) nulla.
da qui


È intriso di profondo pessimismo e malinconica poesia questo film diretto dall’eclettico artista britannico Tony Kaye. La consapevolezza lucida e amara di un destino ancorato al dolore è scandita dalle parole immortali di scrittori con cui il supplente spiega la vita ai ragazzi e incarnata nello sguardo triste e lontano di un Adrien Brody sempre superbo. L’intero cast è all’altezza di una sfida impegnativa: cogliere le falle del sistema di istruzione americano e le tragiche conseguenze che si riverberano sulle vite di insegnanti e alunni. Il regista le ritrae in maniera non convenzionale, percorrendo la strada di uno stile personale e riconoscibile, con un avvio da documentario – con inserti di interviste video a docenti che imprimono un effetto di realismo – e uno svolgimento via via più drammatico. Notevoli anche le soluzioni visive, con il contrasto tra il bianco e nero degli inserti iniziali e una fotografia dai toni caldi. Quando poi le immagini parlano all’unisono con la musica, la magia del cinema è compiuta e arriva dritta al cuore…

Barthes dal suo arrivo a scuola si rivela un professore giusto nel posto giusto: sa prendere i ragazzi, da loro stimoli opportuni, diventa in pratica il punto di riferimento di cui hanno bisogno. Come l'altrettanto bravissimo prof. Dunne, interpretato dal grande Ryan Gosling nel troppo poco conosciuto (almeno in Italia) "Half Nelson", l'insegnante Barthes ha una vita privata piuttosto grama. Non che arrivi a fumare crack come il suo collega ma è amareggiato dalla salute malferma del nonno materno e soprattutto ossessionato dal ricordo della madre, morta suicida quando lui era ancora un ragazzino, forse spinta al tragico gesto proprio dal genitore (il film è pieno di flashback che a poco a poco ricostruiscono questo passato pesante)...
da qui

L'abilità di Tony Kaye è quella di mettere a fuoco un argomento per parlare di (un) altro: mentre si concentra sulla scuola, lascia emergere il passato di Henry e mentre analizza la sua figura ed i suoi comportamenti ecco delinearsi la descrizione di un intero sistema scolastico in rovina ed ancora mentre il trauma del professore viene portato alla luce, esplodono le crisi dei suoi giovani amici e studenti.

Lo stile adottato è composito, intervallando la narrazione con le dichiarazioni di Barthes rilasciate davanti alla telecamera di un suo studente ed integrando con le fotografie dell'artista in erba Meredith eloquentemente da lei rielaborate.

La metafora della crisi interiore del protagonista, che si rispecchia in quella profonda della scuola americana, senza apparente futuro, è quella evidente di un'intera nazione, in cui pochi maestri hanno poco da insegnare ad ancora meno disposti discenti. Ma Kaye stavolta lascia comunque aperta una speranza, nell'ultima scena riconciliatoria, in cui il professore sembra intenzionato a riannodare i pochi fili ancora rimasti.

Grazie alla bravura degli attori – dominati da un magnifico e scisso Adrien Brody, per non parlare di un ritrovato James Caan - ed alla sensibilità di un regista alquanto originale, ma non a caso inglese, quindi lucidissimo in quanto extra-statunitense, la storia di Detachment è destinata a commuovere ed affascinare gli spettatori - speriamo non pochi - che vorranno avventurarsi nella visione di un film che nella sua intensità non fa sconti a nessuno.

5 commenti:

  1. Invidio la tua capacità di sintesi: in poche parole hai descritto magnificamente l'essenza del film. Io impiego sempre così tante parole...

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  2. come farei a citarvi nei miei post, se tutti aveste uno stile aforistico come il mio?

    (questo è il sito di Tony Kaye: http://www.tonykaye.com/index.php/ , un tipo anche cantante)

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  3. Io la tua chiusa l'avrei fatta così:

    e poi c'è un bravissimo Adrien Brody, che mi ricorda Giorgio Gaber da giovane, e anche Erica, una ragazzina che riesce a sorridere. Malgrado tutto.

    Leggerò le rece sempre con calma.

    Anche io ricordo che stavo per andare al cinema ma poi non ce la feci e con una sola settimana di programmazione ci metti un attimo a perderlo

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