martedì 22 maggio 2012

Tutti i nostri desideri - Philippe Lioret

a me è piaciuto molto, anche a un paio di giorni dalla visione è un film che resta dentro. 
dopo "Welcome", molto bello, arriva questo, meno "facile" rispetto al precedente, ma altrettanto buono.
si mescolano diverse storie, e l'economia finanziaria che regge il mondo fa schifo ed è insostenibile. 
un altro mondo deve essere possibile, per non morire sempre più, ci leggo, anche.
non perdete Vincent Lindon, sempre uguale e sempre bravo - Ismaele


…La protagonista interpretata da Marie Gillain non è certo amabile, benché si provi estrema pena per questa figura di giovane donna granitica che paga un prezzo estremamente alto alla vita per il riscatto sociale che è riuscita a conquistarsi. Il suo personaggio è forse autentico ma eccede nell’assumersi sulle spalle tutto il peso del mondo, esagera nel proteggere ed infantilizzare chi la ama con bugie e omissioni, mettendo a punto i preparativi per la vita che sarà dopo di lei, cercando di andarsene senza fare rumore per non interferire nel corso regolare e fragilissimo della vita che lei stessa ha progettato.
Ciò che salva il film non sono tanto i personaggi, pur con le loro tenerezze ben calibrate da regia e sceneggiatura, bensì gli attori, innanzitutto Marie Gillain, capace di un notevole equilibrio recitativo e poi Vincent Lindon, a cui Lioret si è affezionato forse per quella fisicità paterna avvolta nell’irrinunciabile giaccone di pelle che rende la sua immagine così reale, così famigliare.

Quanta commozione e quanta sofferenza suscitano le vicende raccontate nel toccante film Tutti i nostri desideri di Philippe Lioret. Protagonista è Claire, un giovane magistrato che prende a cuore il caso giudiziario di Cèline, giovane madre citata in giudizio da un istituto di credito che la porta in tribunale per non essere in grado di restituire il prestito. Claire è anche una sposa felice e mamma di due bambini ma la sua vita viene sconvolta quando le viene diagnosticato un tumore al cervello non curabile. La sua forza e la sua determinazione la porteranno a lottare fino all'ultimo giorno della vita in difesa di Cèline, aiutata in questo da un altro magistrato, Stèphane...

…Quella zona grigia, eppure maggioritaria, della comune storia contemporanea condivisa, del reale “ad altezza uomo”, quotidiano eppure di capitale importanza per la comprensione del presente attraverso le arti, in Italia sembra essere materia quasi del tutto non investigata nella/dalla cinematografia. Quanto possa essere essenziale questo sguardo verso la semplicità dei fatti e quanto essi covino una potenza topica nel loro essere ce lo ribadisce l’ultimo lavoro di Philippe Lioret, Tutti i nostri desideri. L’opera potrebbe essere letta come una denuncia sociale contri gli istituti di credito e la speculazione capitalistica dei mercati odierni; come pure un affresco contemporaneo sulla moralità degli uomini, sui loro lampi di bontà e solidarietà in un mondo corrotto e spietato che essi ancora ostinatamente combattono; o ancora l’esigenza di lasciare un segno tangibile e duraturo sulla terra da parte di una donna che abbandonerà questo mondo nel volgere di qualche mese. Queste sono tutte interpretazioni in parte corrette e in parte no, viziate dal genere di letture che il nostro cinema ci porta puntualmente a elucubrare, nel quale le macro-tematiche lo fanno sempre da padrone, sia in sede di sceneggiatura sia per i luoghi narrativi esplorati sempre di grande caratura.
La verità su Tutti i nostri desideri è che l’opera di Lioret narra tutti i fatti sopra menzionati e se ne disinteressa al contempo, non approfondendo nessuno di essi in maniere combacianti con quanto di solito proposto dal nostro cinema…

toccherà a due giudici farsi carico del diritto di una madre di costruire un futuro per sé e i figli senza finire strangolata dal cappio degli istituti di credito.
E' questa ovvietà eroica a scardinare pian piano gli automatismi del potere e a conferire al suo cinema un tono straordinariamente sommesso. Peccato che la battaglia legale sulle clausole contrattuali delle banche appassioni poco, costringendo Lioret a giocare la carta della malattia terminale per far impennare il film. Un colpo basso che rischia di marginalizzare oltremodo il tema portante della vicenda riportandola sui binari del cinema ospedaliero.
Lacrime al netto di vere emozioni. E un sospetto di artificiosità che neanche l’immobile intensità di VincentLindon riesce a fugare.

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