giovedì 3 maggio 2012

Hunger - Steve McQueen

l'ho rivisto in sala e devo dire che non ha perso niente rispetto alla visione casalinga.
è un film che fa male, una via crucis che è da vedere.
ci sono tante cose da ricordare, penso al dialogo fra il prete e Bobby Sands, al poliziotto che piange, alle interpretazione dei genitori, all'infermiere degli ultimi giorni (che assomiglia vagamente a Pasolini) e molto altro, e ognuna di queste scene da sola vale la visione.
una trentina di copie sono in giro per l'Italia, lo si cerchi al cinema, nessuno se ne pentirà - Ismaele


…Numerose sono le scene di "Hunger" da inserire nei memorabilia cinematografici, ma per questo film non c'è miglior copertina del dialogo di Sands con il prete: più di 20 intensi minuti di cui 17 ripresi in un unico emozionante piano sequenza ed i restanti con un montaggio serrato in cui, nel suo cuore vivo, si apre l'unico momento dialogico e dialettico di un'opera incentrata su mute opposizioni, su confronti che non portano mai ad un oltrepassamento dell'opposizione che separa, ma che schiacciano gli individui nella loro identità. Faccia contro faccia, muro contro muro, morte contro morte. Quello che dal duro dialogo tra Sands ed il prete emerge è la decisione tanto definitiva quanto tragica: 75 detenuti inizieranno uno sciopero della fame fino alla morte, ognuno a due settimane di distanza dal precedente, Sands sarà il primo. Una lunga catena di morte ancorata alla ricerca di un riconoscimento. In una malata e umana Imitatio Christi il protagonista attraversa la sua personale e silenziosa passione senza incontrare il parusiaco avvento della liberazione finale, senza poter arrivare a mondare l'originale peccato dell'essere (se stessi).
Il regista McQueen dirige la sua opera d'esordio, un gioiello invisibile che la distribuzione italiana ci offre a distanza di quattro anni dalla sua uscita, con assoluta maestria e padronanza del mezzo cinematografico insinuandosi nelle crepe di una realtà cruda e violenta, e con sapienza bressoniana riesce a reggere il trapasso della dimensione storica e corale di "Hunger" in quella della tragedia individuale attraverso una virtuosa narrazione ellittica…

Insieme a Bobby Sands, tutti si percorre una sorta di via crucis della sofferenza, trasudando rabbia e lacrime. E se solo qualche giorno fa abbiamo fatto la stessa esperienza, attraverso il bellissimo film di Daniele Vicari, Diaz (2012), il film di McQueen é ancora più disturbante, crudo fino a toccare viscere, non per il volgare mostrare di piaghe e botte, quanto per l’esperienza della brutalità dell’essere umano, rispetto ad altri suoi simili. Vedere Hunger è come recarsi in un importante museo di arte contemporanea, attraversando, fino alla fine, la messa in opera dell’orrore umano. Ma è un percorso che si deve poter fare. Abbiamo bisogno di opere che ci facciano sperimentare, faccia a faccia, quello di cui siamo capaci…

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