venerdì 20 aprile 2018

Il tuttofare - Valerio Attanasio

Valerio Attanasio è stato sceneggiatore di Smetto quando voglio, il suo esordio alla regia sembra una costola di quel film, una variazione sul tema.
si ride, ma non troppo, sempre meno, alla fine ti resta poco o niente.
secondo me è esagerato scomodare i grandi della commedia italiana degli anni sessanta e settanta.
diceva Marx che "la storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la secondo come farsa"; parafrasando quella citazione per i film, la prima volta sono freschi, originali e straordinari, la seconda volta sono un deja vu, abbastanza ordinari..
vedete voi, buona visione - Ismaele



Debutta con una storia che parte dall'amara esperienza della sua generazione (classe 1978): quella di confrontarsi con un mondo del lavoro che concede ai giovani (non raccomandati) unicamente la possibilità di essere sfruttati dalla generazione ex sessantottina che si è presa tutto e ha lasciato ai posteri solo le briciole. Ad incarnare quella generazione è Sergio Castellitto, che nei panni di Toti Bellastella regala la prova d'attore che da sola vale il prezzo del biglietto. Castellitto costruisce un personaggio (molto ben scritto da Attanasio) spassoso ma che non concede nulla all'empatia del pubblico: un cattivo carismatico che non strizza l'occhio agli spettatori e non li invita subliminalmente all'emulazione.
Il problema è che Castellitto giganteggia non solo sul volonteroso ma attorialmente più fragile Guglielmo Poggi, già visto in Smetto quando voglio, ma anche su una trama ben costruita nelle premesse ma più incerta nello svolgimento e soprattutto nella conclusione. Quando Bellastella scompare dalla scena anche la narrazione svapora, e Attanasio procede ad affastellare freneticamente accadimenti per compensare il vuoto lasciato da un mattatore che non fa prigionieri usando il latino(rum) come una spada laser.

All’interno della storia i personaggi ci sono presentati con schieramenti evidenti: i buoni e i cattivi. Tuttavia nel corso della storia lo sguardo che il film ha su di loro muta e spesso i ruoli si ribaltano. Attanasio ha la forza non comune di puntare il dito con fermezza, di saper indicare chiaramente cosa non vada, ma anche quella di comprendere e compatire la piccineria umana che guarda (e anche in questo sta molto del suo tono fantozziano). Così il povero praticante al pari dell’insolente e pretenziosa “studentessa” che gli viene imposta, lungo il film si svincolano dal loro personaggio e diventano persone. Addirittura anche il grande villain di Castellitto avrà un momento di misera compassione, uno in cui il mostro degli incubi di ogni precario diventa un essere umano.

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