sabato 31 marzo 2018

L’opera al nero – Andrè Delvaux



Gian Maria Volontè, già coi capelli bianchi, interpreta un medico che ritorna a casa, a Bruges, dopo aver vagato per l'Europa per non essere processato dall'Inquisizione.
purtroppo l'Inquisizione non dimentica e Zenone è destinato a una brutta fine.
un film non male, ma è come una versione light di quel capolavoro che è Giordano Bruno - Ismaele








Nel film ci sono evidenti limiti di sceneggiatura, che sono assolutamente compensati dalla straordinaria interpretazione di Gian Maria Volontè, che, da sessantenne, dimostra tutto il suo equilibrio e la sua bravura nel costruire un personaggio perfetto, calato in maniera strabiliante nella realtà di quel tempo, tanto da meritare il Nastro d’argento quale migliore attore protagonista. Volontè offre una interpretazione matura ed elegante, di un personaggio malinconico e raffinato; L’opera al nero che è in grado di vedere lontano ove la cultura e la ricerca possono arrivare, ma che anche si rende conto che il presente non offre scappatoie per gli spiriti liberi. Altro limite del film è dato dalla scarsa informazione che esso ci offre della vita e della formazione di Zenone, prima dell’arrivo a Bruges. Si tratta di una scelta discutibile del regista, che evidentemente intendeva concentrare la narrazione del film esclusivamente sull’ultima parte della vita del protagonista. E in verità i pochi flashback non rendono ragione di queste esigenze che, se adeguatamente soddisfatte, indubbiamente avrebbero arricchito il film di elementi biografici e culturali di sicuro interesse nella costruzione della personalità del protagonista. Diverso respiro ha il romanzo, che offre effettivamente un quadro ricco e completo non solo della formazione di Zenone, ma anche e soprattutto delle articolazioni della società del suo tempo e della contraddittoria ricchezza delle varie stratificazioni sociali presenti.
Nel cast troviamo alcuni nomi importanti, quali la godardiana Anna Karina, Sami Frey, e Philippe Leotard, tutti però sovrastati dalla bravura straordinaria di Gian Maria Volontè, che nell’ultima scena del film ci offre un nuovo imperdibile saggio di bravura.

ho guardato il film di Delvaux con più attenzione, ma l'ho trovato noioso, mal realizzato e sicuramente inferiore al modello letterario a cui si ispira. Il romanzo di Marguerite Yourcenar è volutamente costruito su una bipartizione: la prima parte è dedicata alla "vita errante" del protagonista e segue velocemente le tappe della sua esistenza fino alla maturità. La seconda, invece, è dedicata al suo ritorno a Brugge, sotto le mentite spoglie del medico Sébastien Theus, ricercato dall'Inquisizione per eresia. Questa parte è tanto lenta e "immobile" quanto è veloce e intensa la prima, in cui gli scenari mutano rapidamente, anni ed eventi vengono condensati in poche pagine, numerosi personaggi appaiono e scompaiono. Il film, invece, si concentra sulla seconda parte – non a caso, credo, è uscito nel Belgio fiammingo con il titolo De terugkeer naar Brugge (Il ritorno a Brugge) – e in scena vediamo subito uno Zénon anziano, che opera in clandestinità come medico finché non viene smascherato, processato e condannato a una morte a cui si sottrae solo suicidandosi la sera prima dell'esecuzione. Alcuni episodi della prima parte vengono recuperati attraverso una serie di flashback montati nel corpo principale del film. E questo è il primo problema: gli eventi sono così tanti che sceglierne solo alcuni e mostrarli nel corso del film compromette la comprensione della storia. Mentre guardavo il film mi sono chiesto più volte se avrei capito davvero quello che stava accadendo se non avessi già letto il libro e non ne avessi conosciuto la trama. Probabilmente no. A questo si aggiunga la recitazione di Gian Maria Volonté. La custodia del dvd riporta un giudizio del critico Morando Morandini, che elogia l'attore italiano. In realtà Volonté non fa altro che bofonchiare, borbottare e sussurrare per tutto il film, tanto da rendere incomprensibile quello che dice, unico tra i vari personaggi. Chiunque mi sarei immaginato nella parte di Zénon ma non lui – e del resto questo è il classico problema che affligge le trasposizioni cinematografiche delle nostre opere letterarie preferite…

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