giovedì 12 ottobre 2017

Blade Runner 2049 - Denis Villeneuve

Secondo boxofficemojo La donna che canta è costato7 milioni di dollari e ne ha incassato 4, poi facendo il salto dal Canada agli Usa i budget a disposizione sono cresciuti, Prisoners è costato46 milioni di dollari e ne ha incassato122, Sicario è costato 30 milioni di dollari e ne ha incassato 85, Arrival è costato 47 milioni di dollari e ne ha incassato 203, Blade Runner 2049 è costato 150 milioni di dollari e sta macinando incassi, non andrà in perdita.
Denis Villeneuve si è preso quasi tre ore per raccontare la sua storia, penso sia uno registi più bravi del pianeta, e chi finanzia i suoi film sa che non perderà i suoi soldi.
Denis Villeneuve è uno i cui film si dividono fra quelli bellissimi e i capolavori e anche Blade Runner 2049 non sembra fare eccezione.
La storia è tratta da un romanzo di PK Dick e il titolo rimanda esplicitamente a un (gran) film del 1982.
Musica e fotografia sono al top, ma rimane un dubbio.
Sembra che manchi l’urgenza di raccontare, come succedeva in tutti i film precedenti, e che questa volta Villeneuve faccia un (grande) esercizio di stile.
Come è capitato a un maestro della critica cinematografica, mutatis mutandis, in certi momenti mi è sembrato di vedere un film di Luc Besson, un po’ esagerato, e che ci sia stata qualche lungaggine di troppo (qualche decina di minuti?).
Però sono sicuro che Denis Villeneuve si riprenderà.
Intanto buona visione, non fidatevi di quello che scrivo(no), giudicate voi - Ismaele





Ho visto il nuovo «Blade Runner» e a un certo punto ho temuto che il numero 2049 non si riferisse all’anno ma ai minuti. Interminabile…

…Nella Los Angeles di quel mondo le cose sono peggiorate tra il 2019 e il 2049, la contaminazione con l’Asia ha lasciato il passo a quella con la Russia e Villeneuve è bravissimo a suggerirla senza spiegarla. Sarebbe bello se fosse riuscito a fare lo stesso con la trama, spiegata troppo spesso tramite monologhi implausibili, pronunciati guardando il vuoto (il più fastidioso dei quali è lasciato a Jared Leto, che parlando con la sua assistente dice per filo e per segno quali sono i suoi obiettivi e quali i problemi che deve superare).
Denso di twist narrativi, ipotesi, possibili spoiler e rivelazioni, Blade Runner 2049 non è una storia piccola e noir di un uomo, qualche replicante e una donna tutti in cerca di vita dentro un mondo in cui è difficile amare e facile morire, è un’affresco imponente che riguarda tutto quel mondo e quel che gli può accadere. È un film moderno perché tutto, anche quel meccanismo dei ricordi innestati nei replicanti già noto dal precedente film, è sviscerato e approfondito nelle sue implicazioni, nelle sue cause e nei suoi effetti. È un film pieno di risposte in cui sembra che il mistero faccia gran fatica a ritagliarsi uno spazio, come è caratteristica del cinema moderno, ansioso di informazioni, dettagli e funzionamenti.
Di tutta questa chiarezza molti registi avrebbero fatto l’uso peggiore, invece Villeneuve con il personaggio di Joi, l’assistente personale del protagonista (un’intelligenza artificiale che lui ha acquistato e che non si capisce mai se sia più o meno avanzata dei replicanti), dimostra non solo di avere delle idee proprie ma anche di saperle spiegare e comunicare con trovate visive originali. Con Joi e tutto quello che accade con lei, attraverso di lei e intorno a lei il film dimostra di essere in grado di creare momenti in cui ciò che accade non si spiega a parole, semplicemente avviene davanti a noi, e la maniera in cui lo vediamo avvenire ha la qualità attraente e respingente delle più grandi distopie, i sogni andati a male in cui percepiamo un po’ di romanticismo ma è così flebile che ci commuove.
Il che basta e avanza a farne un film molto bello.

…in fondo a un film di questa portata (che forse è anche il sequel più rischioso di sempre) si perdonano volentieri anche alcune cose meno a fuoco, compreso un Ryan Gosling più monoespressivo del solito. La figura del guru Wallace (Jared Leto) non dice granché con le sue massime poetico-filosofiche, così come il villain femminile che pare uscito da Terminator e certi sentieri narrativi troncati, che potrebbero però rimandare a un prossimo episodio (Wallace, la replicante con un occhio solo, il fiore raccolto da K).
Villeneuve ha insomma portato a casa un risultato encomiabile sporcato qua e là solo da qualche macchia di scrittura e da qualche concessione “di cassetta” al grande pubblico che però, visto il piattume sconfortante della sci-fi hollywoodiana odierna, si digerisce senza tanti problemi. Gran film e grande Villeneuve, l’unico tra gli autori contemporanei capace di intendere il fantastico (ma non solo) come i grandi del passato.

Ora, esco ancora “sbiadito” da questa visione ma non riesco, nonostante debba metabolizzarlo, a capacitarmi di come una nutritissima schiera di persone, in primis la Critica americana, che sarà ora ridimensionassimo, poiché estremamente fallace oramai sentenzia spesso per promuovere l’industria, abbia potuto definire questo “seguito” un capolavoro. Quando non ne possiede neppure un crisma, un fotogramma degno dell’originale. Paragoni non andrebbero fatti e sarebbe azzardato, da parte mia, voler sacramentare a sfavore di questo film di Villeneuve, che si conferma negativamente un regista molto di forma, abbastanza sulfurea e programmaticamente elegante nelle sue sfacciate stilizzazioni indigeste, e poco di sostanza. Ma non lo si può nemmeno liquidare, con molta superficialità, come film non riuscito, perché la sua bellezza, la sua particolarità, ce l’ha eccome. Ed è, come sottolineato da molti, lodabile il tentativo di “serializzarlo”, mantenendo una sua originalità che vorrebbe, non riuscendoci però, anzi mal emulandolo, distanziarsi dal capostipite per seguire una strada propria. Villeneuve s’impegna, gli va dato atto e il “beneplacito” di essere riuscito nell’impresa di ereditare un capodopera di cotanta, giusta fama, cercando di allontanarsene, di svilupparlo e anche farlo “progredire” in maniera autonoma, anzi “autoctona”, pur restando il naturalissimo fatto, non eludibile, di volerne conservarne intatti gli impianti scenografici, “imitandone” la fotografia lucente e nebulosa, quasi sporca, e di scegliere un percorso narrativo che, sebbene sia consuetudinario e neppure tanto brillante, basato sullo svelamento, spiegatissimo, di una trama “a dipanarsi”, di sue intuizioni (come il sesso “a tre”) se ne distacchi. Ma l’operazione è riuscita decisamente a metà, anche meno. Il film non doveva essere un’imitazione del film di Scott, non gli chiedevamo, credo, questo, ma pretendevamo che sapesse affascinarci in egual modo, che ci trascinasse in una storia e in immagini egualmente emozionanti, insomma che ricreasse magicamente il mito di Blade Runner. Che qui si limita invece a rimandi alquanto patetici, forzati, anzi eseguiti perché costretti a compierli. E allora il fantasmatico, invecchiato e appesantito Ford appare come da programma, tra i recessi della memoria e dalle nebbie di una costruzione fatiscente che serba ologrammi di Elvis Presley, di Frank Sinatra e della divina Monroe. Una scena lunghissima, che però manca di anima, dai dialoghi “balbettanti”, che non sanno sostenere le ambizioni e il peso che dovrebbero portarsi dietro. Non sanno trasmettercene la leggendarietà, l’aura quasi mistica che il film di Scott ha scatenato in noi. Ma io sono spettatore oramai attempato e vivo dell’originale, quindi sin dapprincipio m’è parso blasfemia farne qualcos’altro, che fosse un sequel o l’inizio di un possibile reboot, così come il finale ambiguo ci suggerisce…
da qui

Tenía muchas esperanzas con esta película y aunque no me ha decepcionado en muchos aspectos, si lo ha hecho en el mas importante, que es en el argumento.
En mi opinión ha abarcado mucho y no ha apretado en casi nada.
Si la analizas por partes tienes un film con una estética preciosista, Con un ritmo delicioso y que pilota ciertos conceptos que a cualquier amante de la Scy Fy le encantarán. Pero si lo haces en su conjunto la película le falta gancho, no conmueve lo que debiera y parece que no cierra nada de lo que abre, le falta sentido y dirección a lo que propone.
El trabajo de dirección y el de diseño de producción son de 10. No tenia ninguna duda de que Villeneuve en esto no me decepcionaria. Pero el Guión, el argumento en general, hace aguas en muchos momentos. Hay temas que trata de pasada y que no cierra. A saber: El destino de Deckard, el de su hija, el de la resistencia, el personaje de Leto. Parece que buscase una secuela mas? 
Imita a películas ya vistas del genero y coge prestada cosas de ellas. Uno no puede evitar ver a Her en el personaje de Ana de Armas que, aunque hace una interpretacion estupenda, sobra por momentos y parece que esta ahí para explicar cosas a los que lo pillan a la primera.
Le falta fuerza. la fuerza dramática que uno espera de una peli así,y aunque uno atisba profundidades (Ninguna nueva por cierto) en ninguna bucea hasta sus últimas consecuencias.
El personaje de Jared Leto es un error, parece una parodia de un genio loco que solo dice solemnidades, no tiene profundidad alguna, para mi es lo peor. Por contra, su asistente y ejecutora es el personaje mas logrado y lo mas remarcable del film. Gosling es aqui un Blade Runner 3.0, es decir, un replicante que retira replicantes. Es un personaje muy logrado, no tanto como el bueno de Deckard, pero pasa el corte. Tiene la frialdad de un androide mezclada con el hastio de un hombre que esta quemado, con una visa sin sentido ni objetivo y que odia lo que hace.
La música y el sonido son una consecución de efectos electronicos que, aunque ayuden a la estética, no quedan en el recuerdo de nadie. Esta a millones de años luz de la mítica banda de Vangelis.

En resumen una buena película a la que le falta mucho para que sea digna sucesora de la anterior. Es más, si la comparas con aquella, tan solo el monólogo final le gana por goleada a toda esta.
Entiendo que he de verla de nuevo. Y seguro que gana con los visionados (Algo parecido paso con Blade Runner que no fue un éxito en su estreno) pero dudo que el tiempo la coloque en el top de la ciencia ficción. Dudo que sea capaz de dejarme el sabor de boca que, aun hoy tras tantos visionados, me deja la de Scott.






4 commenti:

  1. Interessante il tuo giudizio sul film, e conosco la tua 'visione' dunque posso fidarmi ;) Davide

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    1. un mio amico dice che ho scritto una non recensione.

      intanto grazie della fiducia :)

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  2. Decina di minuti??? Decina per decina :) :) :)..
    Come ho scritto da me, il film mi ha annoiato....purtroppo....
    Ciao!

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    1. per il bicchiere mezzo pieno: un po' di cose molto belle c'erano, dai :)

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