giovedì 9 febbraio 2017

Which Way Home - Rebecca Cammisa






candidato all’Oscar nel 2010 per la categoria miglior documentario, il film non è arrivato al cinema.
ma in rete si trova con sottotitoli in spagnolo, e allora sembra male non recuperarlo.
la cinepresa segue i viaggi dell'esodo e della speranza di quegli esseri umani che dai paesi del Centro America e dal Messico salgono su un treno merci chiamato la Bestia, che arriva negli Stati Uniti d'America, sogno per milioni di persone.
solo che il sogno è per tutti, ma la sua realizzazione è per pochi, pochissimi, a rischio della vita.
quello che rende il film straordinario è che la regista segue dei ragazzini, anche di meno di 10 anni, che sono fuggiti da casa per andare negli Usa, magari solo per raggiungere un genitore che lavora su al nord.
e quei ragazzini ci sembra di (ri)conoscerli, Olga, Freddy, Josè, Kevin, fra gli altri.
molti non arriveranno da nessuna parte, alcuni tornano a casa in una bara, qualcuno torna vivo, ma è solo per riprovare qualche mese dopo ad entrare nel sogno americano.
un film da non perdere assolutamente, nessuno se ne pentirà - Ismaele





Un gruppo di bambini è in viaggio attraverso il Messico a bordo di un treno merci che chiamano "La Bestia". La loro meta è l'America. Ci sono Olga e Freddy, due ragazzini hondureñi, che stanno cercando di raggiungere le loro famiglie emigrate in Minnesota; Jose, un bambino di dieci anni di El Salvador, che è stato abbandonato dai contrabbandieri e che finirà in un riformatorio messicano; e infine il più grande del gruppo, Kevin, un 14enne anche lui hondureño, guardingo e abituato a cavarsela da solo, che sogna di arrivare a New York e trovare un lavoro per mandare soldi a sua madre. Sono storie di speranza e coraggio, rimpianto e delusione. Storie che il mondo non vuole vedere, pezzi di vita di persone "invisibili"

…Particolarmente toccante nei loro racconti, fatti di speranza, coraggio, rabbia, dolore, è quello che i ragazzini dicono con struggente nostalgia della madre che hanno lasciato, a cui sperano di poter mandare i soldi che guadagneranno, chissà con quali lavori.
Ma quel che si avverte è che hanno ancora bisogno di carezze, di accudimento, di calore. E quel che sperano, se mai riusciranno ad arrivare negli States, è che una famiglia li adotti per poter sopravvivere, dal punto di vista delle leggi e non solo.
Ma succede che prima di arrivare alle frontiere, alcuni di loro vengano arrestati e portati nei Centri di detenzione: anche qui la descrizione dei luoghi è cruda e mette in risalto la tristezza della loro condizione. Molti non ce la faranno, moriranno o sul tetto del treno, o in altri modi crudeli. Alcuni torneranno indietro nelle loro case, da sconfitti.
Il modo in cui la regista avvicina questi ragazzini è particolare: è un incontro molto ravvicinato fatto di mille domande che, trattandosi di minori (Olga e Freddy dell’Honduras hanno 9 anni), a tratti sembra quasi inopportuno. Efficacia del messaggio, effetti drammaturgici e rispetto del minore, in più di una scena ci sembrano in bilico. Qualcosa ci ricorda le problematiche del cinema antropologico che sfiora sempre il limite oltre il quale c’è la sottile violenza che il regista opera sull’intimità e il privato dei suoi personaggi. Alla fine il sentimento che prevale però è che se il film non fosse fatto in questo modo la forza della denuncia che in esso è contenuta sarebbe di molto impoverita.
E siccome alle nostre generazioni tocca di assistere e in qualche modo essere complici di tante iniquità che avvengono sotto gli occhi di tutti e ci sembra vergognoso tacere (come per quello che avviene nel Mediterraneo), le testimonianze che può dare il cinema diventano un gesto di politica attiva e non solo di espressione artistica. Per questo, benvenute…

The United States and the American Dream have a strong pull on lots of people. The stories of a nobody becoming a somebody is fascinating and it’s one of the reasons why so many people are trying to get into the country illegally, hoping to start a new life. Thousands of South American immigrants try escape their current existence by travelling to the U.S. on top of freight trains of which about 5 percent are children travelling alone. It’s a very dangerous journey with smugglers who will leave people behind, trains that can throw you off, rivers with strong currents or vast deserts…


Children who live in poverty and wretched conditions climb on to freight trains bound for the U.S. in hopes of a better life. When they talk of the U.S. they dream of television realities, tall buildings, beautiful people, the land of plenty, smiles all the while on their faces. But on the inside these kids are filled with pain. To reach that dream, they go through hell. Burglarized and beaten all the while hungry with the potential of being raped and murdered, all for the sake of trying to get a job in the U.S. to feed their family or go to school. This 16 year old boy talks about witnessing a mother and daughter being raped by 15 men and there's this tear in his eye that can't quite drop. His pain is suppressed. All these children attempt to drown their pain, to bury it, all the while hoping, praying, for that one chance that they may have a better life. It's hard to review this movie and not want to talk about immigration policy. But I won't, I'll let the movie do that for me and hopefully people will begin to open their eyes to some of the harsh realities the U.S. immigration policy creates. Here's hoping for a better tomorrow.


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