mercoledì 14 settembre 2016

Distance – Hirokazu Koreeda

si inizia (quasi) in allegria, alcuni ragazzi vanno a fare un gita, anzi è una ricorrenza.
rubano la macchina, sono molto lontani da qualsiasi centro urbano, non c'è  campo per i telefonini, sta per fare buio, un altro ragazzo che era lì per il loro stesso motivo li porta in una casa nel bosco, per la notte.
lui sa qualcosa che gli altri non sanno, la sua storia è molto legata a quella delle persone che non ci sono più, e che venivano ricordate dal gruppo di conoscenti e amici.
l'assenza delle persone ricordate è un convitato di pietra.
ci sono molte domande, le risposte, quando provano a esserci, non sono mai esaurienti.
chi (sbagliando) pensa che sia un film noioso, lasci perdere, non sa che sta lasciando perdere un film di Hirokazu Koreeda - Ismaele






Il film prende naturalmente spunto dall'attentato compiuto nel 1995 con il gas dalla setta Aum Shinrikyo nella metropolitana di Tokyo: ma più che le azioni e le motivazioni dei responsabili (che restano enigmatiche e ambigue), Koreeda preferisce indagare le reazioni e i sentimenti di chi è loro sopravvissuto ed era stato da loro abbandonato, persone "normali" che devono fare i conti con quello che è accaduto, e cercare di comprendere perché un fratello, una sorella, una moglie o un marito abbiano scelto di staccarsi dal mondo…

 Il film è un vero percorso verso e dentro la memoria: gli oggetti, ripresi puntualmente fin dalle prime inquadrature (come le scarpe del marito di Kiyoka, nell’ingresso della loro abitazione), diventano metafora del tempo, evocazione dei defunti, frammenti di passato. Nella casa isolata in un bosco che la contiene, e allo stesso tempo che rappresenta visivamente il travaglio interiore degli uomini, e rimanda ad un che di soprannaturale ed altamente spirituale - quasi la rappresentazione di una mitologica terra dei morti -, in quel luogo prende forma una memoria collettiva. I ricordi e le contraddizioni si compongono in una inquietudine profonda, e il loro dibattersi allontana l’effetto risolutivo che avrebbe il raggiungere una qualche verità, anche se non assoluta, che qui non è dato neppure di ipotizzare. Koreeda “tiene a distanza”, sottrae, lascia vuoti riempiti solo dai rumori del bosco, in quel cinema dell’assenza che raggiunge a mio parere in questo film un culmine quasi fisicamente doloroso per lo spettatore…

Hirokazu Koreeda è uno dei pochi registi che riesce a scandagliare l’animo umano senza perdere di organicità filmica, da intendersi come capacità cinematografica di far partecipare a tutto l’avvenimento splendide scenografie e girato altamente tecnico grazie a carrellate e travelling…

Tutto il film si svolge in uno chalet nel bosco, dove i 5 protagonisti si rifugiano nella notte, che era la sede della setta e che sembra trasudare , tra mobili consunti e pavimenti impolverati, lo spirito dei defunti. Il clima è quello di una profonda introspezione intrisa di dolore, interrotta solo da rapidi flashback in cui vediamo come i futuri suicidi decidono di dedicare la loro vita alla causa della setta, momenti di scontro , di abbandoni e di lacerazioni che gettano però luce sulle dinamiche personali e famigliari.
Koreeda racconta il tutto con discrezione, quasi sottovoce, dando sempre più spazio alla vicenda personale, avvalendosi di lunghi piano sequenza e di un uso pressante della camera a mano, immergendo la vicenda in un ambiente naturale, autentica colonna sonora del film a base di scrosci d'acqua e fuoco scoppiettante.
La tematica del rapporto vita-morte, intesa nel senso più ampio possibile, viene trattata dal regista con bravura ed intensità, come è possibile apprezzare anche negli altri lavori di Koreeda, ed è soprattutto la leggerezza  e l'assoluta mancanza di pesantezza  quello che stupisce maggiormente: trattare un tema simile senza far cadere mai il livello di attenzione e di tensione narrativa ed introspettiva è senz'altro il pregio maggiore di questo lavoro e di tutti gli altri del regista…


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