martedì 1 marzo 2016

Post mortem – Pablo Larraín

Mario è uno scrivano senza qualità, trascrive autopsie, a Santiago, dove la Storia, con i suoi carri armati, sta per colpire senza pietà.
Mario lavora per un primario che fa discorsi pericolosi, per quei giorni.
Mario vive solo e triste, e perde la testa per una vicina, ballerina a fine carriera.
intanto si compie il colpo di stato, non si contano i morti, una superlavoro per gli ospedali.
in quei giorni iniziano a mancare i desaparecidos, spesso morti viventi.
Mario. nel suo piccolo e nella sua follia, fa la sua parte.
si astengano gli spettatori da happy end, non è un film per loro.
per gli altri è un capolavoro che non si dimentica - Ismaele




Un film di rara dolenza e impressione emotiva, Post Mortem si sviluppa tra due piani sequenza: uno in apertura (durata 1 minuto) mostra l’incedere inarrestabile di un cingolato inquadrato al livello del terreno mentre schiaccia tutto ciò che trova sulla sua strada, l’altro, chiude il film (durata 6 minuto) ed è un campo medio fisso posto a mostrare un uomo costruire una barricata davanti ad una porta per mettere in atto la sua “rivoluzione” esistenziale. «L’ideale di Mario di conquistare l’amore impossibile di una donna è anche l’ideale di una nazione che insegue un modello politico – il Socialismo – tra i cadaveri di coloro che sono stati uccisi in nome di quegli stessi ideali militari imposti con noncuranza, senza misurare i costi e le conseguenze. Post Mortem, ambientato in uno dei periodi più bui e sanguinosi della storia del Cile, attraverso l’incrocio di tre registri cinematografici, estetici ed etici – testimoniale, storico e narrativo – va in cerca della sua funzione poetica attraverso il turbamento, l’assurdità e la conseguenza di un viaggio senza scopo» (Pablo Larraín)…

La lunga sequenza a camera fissa che riprende Mario e Nancy seduti a tavola scoppiare senza apparente motivo in un pianto dirotto, entra nell'anima come una lama, lacera e disturba molto di più della visione dei cadaveri sparsi per le strade o nei corridoi dell'ospedale, persino dei dettagli delle stesse autopsie. Geniale a dir poco il finale scelto da Larraìn: senza sottofondo musicale e senza mai spostare la mira, la camera punta su Mario, che in preda ad un raptus di gelosia inizia ad accumulare freneticamente mobili e ferraglie davanti ad una porta chiusa che nessuno riuscirà mai più ad aprire. Dorato nascondiglio d'amore trasformato d'un tratto in ripostiglio angusto di tante tradite speranze di felicità.

Le difficoltà ad elaborare un lutto sono immense. Il dolore rimane a volte per tantissimo tempo senza mai accettarlo. E’ il caso dei registi cileni. Salvador Allende è ancora lì: un dolore destinato a non passare mai. Era il settembre del 1973 quando moriva. Da quel momento, dopo una lunga e terribile dittatura militare, il Cile ha avuto i suoi momenti democratici: governi di sinistra e ora nuovamente un Presidente di destra. La democrazia nella sua alternanza sembra essere ritornata: ma non basta. Nulla sembra servire. Pablo Larrain il bravissimo regista cileno di Tony Manero ritorna con tantissima bravura sull’argomento. Ci fa conoscere la storia di Mario un impiegato all’obitorio. Il suo compito è quello di scrivere il reperto del medico. E’ un uomo solo, segretamente innamorato della vicina di casa. La sua vita cambia immediatamente come quella di tutti i cileni proprio con quel colpo di stato. Mario cerca di conquistare la sua vicina. In un certo momento è quasi convito, fanno anche l’amore. Poi il sogno finisce, quando scopre la sua doppia vita: è anche l’amante di un comunista che organizza cellule segrete a casa sua. Il colpo di stato lì colpisce inevitabilmente: sono costretti a nascondersi. Mario in un primo momento li aiuterà ma poi, metaforicamente come fece il popolo cileno per tanti anni, li seppellirà nel loro nascondiglio sotto una moltitudine di mobili. L’impossibile storia d’amore va di pari passo con quella del Cile. La fine della democrazia è la fine dell’amore di Mario. Con un linguaggio crudo ma mai provocatorio Pablo Larrain ci parla di una storia delicata per una forte condanna. L’uomo è vittima a volte di comportamenti non chiari e nascosti anche a noi stessi.

Se ofrece así una textura viciosa y degradada (ya puesta en práctica en su anterior film, Tony Manero, 2008, también ambientado en los años setenta chilenos), la cual, resulta plenamente subyugante, una vez que el golpe de estado entra en la narración y se borran los elementos distendidos que nos han ido acompañando. Se alcanza con ello, una recreación de una escenografía ciertamente dantesca que alcanza su signo visible, cuando Pablo trata de buscar a Nancy por un escenario digno de cualquier película apocalíptica.

En definitiva, todos aquellos recursos retóricos que permiten que nos aclimatemos en películas dezombies, o de aquellas que se centran en el fin de los días, en Post Mortem activan de tal forma los espacios como estados de ánimo, que consiguen que ésta sea, junto con Cold fish (otra que se deslinda del género para adentrarse en experiencias fuertes), una de las películas más terroríficas e impactantes que he visto en tiempo.

Post Mortem sembra avere uno stile e un'atmosfera che prescindono dalla materia trattata, come un foglio nero su cui poi si disegnano o scrivono le due storie parallele.
La sequenza madre, quella che unisce in maniera mirabile queste due storie parallele, che le perpendicola, è l'autopsia allo stesso Allende.
Scena terribile, fastidiosa, densa, soffocante…

Post mortem è il dietro le quinte della genesi di una dittatura, la storia di un misero funzionario si congiunge con la Storia scritta nei libri e affidata ai posteri, il privato che si congiunge con il pubblico.
Mario assiste anche all'autopsia di Salvador Allende, un omicidio derubricato a suicidio, una sequenza magistrale in cui  l'anatomopatologo lotta con la propria coscienza così come Mario che non riesce neanche a scrivere quello che sta dicendo il medico.
La cinepresa di Larrain non arretra neanche di fronte ai cadaveri impilati gli uni sugli altri che vengono portati via con un carrello. Il suo è un cinema che ha una cifra stilistica immediatamente riconoscibile, livido, senza colore come il mondo inospitale di Tony Manero o come la sala necroscopica che vediamo in questo film.
In Post mortem allo spettatore è sottratto anche il momento della rivoluzione, della violenza, degli omicidi ad opera dei militari.
Solo grida e rumori soffocati sentiti da dentro una doccia.
Non una goccia di sangue.
Perchè i cadaveri non sanguinano.

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