lunedì 30 novembre 2015

La felicità è un sistema complesso - Gianni Zanasi

Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) è un sicario dell'economia, uno che è parte di organizzazioni che puntano a spolpare le imprese in difficoltà, senza fare prigionieri.
in realtà i suoi capi si illudono di avere una missione, anche Enrico ce l'ha, opposta, ma ha sempre esercitato la missione dei suoi capi.
arriva il momento della verità e della redenzione, Enrico sta con i due ragazzi che non vogliono essere padroni di merda, vivendo di rendita e fregandosene degli altri.
un film un po' schematico, a tesi, con una storia fatta di pennellate, senza affondare troppo i colpi.
il film ha qualcosa in comune con Il capitale umano (che è più riuscito), appaiono gli squali dell'economia, e fanno una figura di merda, alla fine (ma comandano sempre loro).
grande Valerio Mastandrea, che non sbaglia un film, ma avverto che io sono di parte, se in un film ci fosse solo lui che mangia la pizza con Elio Germano, per esempio, o Giuseppe Battiston, andrei a vedere quel film.
La felicità è un sistema complesso non è un film perfetto, è asimmetrico e sconclusionato, a volte, ma sicuramente merita comunque la visione - Ismaele





Ciò che non sorprende, ma resta una conferma, è la bravura di Mastandrea che tra il consapevole e l’inconsapevole recita una parte che gli sembra cucita addosso. “La felicità è un sistema complesso” è un film delicato e dolcissimo, che fa riflettere, senza togliere allo spettatore il gusto della risata. «Qualcuno dirà che c’è troppa musica – continua Zanasi – pazienza. Come regista un mio sogno è una platea che si alza e si mette a ballare tutta insieme mentre continua a guardare il film». Uno scenario inverosimile, ma possibile. Possibile perchè la musica non viene aggiunta come fattore esterno, ma si sprigiona naturalmente da ogni scena come se ne facesse già parte…

E’ bellissimo allora trovare finalmente un film non ombelicale, una commedia amara che voglia guardare ai problemi del paese e non soltanto alle dinamiche relazionali dei singoli individui. Tuttavia quello scoperchiato da Zanasi è un vero vaso di Pandora, un nucleo tematico che una volta aperto non si può richiudere con un colpo di spugna e un finale che cerca l’effetto. La felicità è un sistema complesso si sgretola così minuto dopo minuto, si avvita attorno alle sue buone intenzioni ma da esse non riesce ad uscire, mancando della lucidità anzitutto narrativa necessaria a districarne la matassa. A dominare su tutto, purtroppo anche sul coraggio evidente, è allora un senso di mancata conclusione, di forte squilibrio in un film che vuole sì aprirsi alla libertà di un caos espressivo più autentico e diretto (e che meraviglia trovare ciò in un film italiano) ma di tale assenza di forma diventa alla fine vittima, sagoma sfocata sparita alla vista dietro il pulviscolo di una gran confusione di idee e personaggi e linee narrative.

…Non convince pienamente La felicità è un sistema complesso. Ed è un vero peccato perché le premesse per realizzare un prodotto convincente c’erano tutte: un frontman carismatico come Valerio Mastandrea, un argomento interessante e perfettamente inserito nell’attuale contesto di crisi economica e un regista in grado di girare con stile e umanità. Tutti elementi che contribuirebbero alla riuscita della pellicola e invece si assiste a una progressiva destrutturazione della vicenda, che porta avanti la sua narrazione attraverso siparietti slegati, accompagnati da una sceneggiatura che preferisce spiegare piuttosto che mostrare. E tutto ciò non fa bene a La felicità è un sistema complesso, un film che mette in mostra uno stile lodevole (carrellate sinuose e ralenti, che sovrastano il racconto), ma che finisce per sgonfiarsi e rivelarsi una patinata e semplicistica bolla di sapone…
Ma anche con tutti i suoi difetti, La felicità è un sistema complesso resta un film da amare incondizionatamente anche solo per il fatto di rompere con coraggio i soliti schemi da innocua commedia – nella migliore delle ipotesi – cui il cinema italiano ci ha abituati da decenni. Ne La felicità è un sistema complesso si sorride e si riflette, partecipando emotivamente ad un percorso di crescita che non riguarda, fortunatamente, solo i più giovani. Ed è proprio questa capacità di guardare dentro e fuori l’essere umano, a trecentosessanta gradi e senza confini di età, a renderlo ulteriormente prezioso. A maggior ragione oggi.

…Zanasi non si accontenta di accorpare pubblico (il mondo lavorativo) e privato (l’incontro con la ragazza), dramma (il rapporto padre-figlio, la perdita del lavoro) e commedia (equivoci e scontri culturali o generazionali), preferisce continuare a moltiplicare i centri nevralgici del suo film, fino a provocarne il collasso. Anziché raccontarli, il regista allude a una serie di argomenti: la già citata crisi economica, i suicidi plateali per la perdita del lavoro, l’universo frigido delle multinazionali e dei loro CDA, e poi complessi edipici, incontri interculturali, energie e campi elettromagnetici, squali della finanza “etica” sempre pronti a intavolare strani discorsi sulla “purezza” …

…Valerio Mastandrea è il volto umano e affidabile di un film che fa della dilatazione temporale la sua direttiva poetica principale. Asse costitutivo e concettuale, la dilatazione (melodica) 'scivola' o levita i personaggi, producendo una sospensione che sfiora la morte e anticipa la vita. Materia grezza nelle mani di Zanasi, il tempo è malleabile e scorre in avanti, spostandosi indietro come il moonwalk di Michael Jackson eseguito da Enrico, una commedia esistenziale imprevedibile e scompaginata che chiude sul risveglio del protagonista. Un Valerio Mastandrea virtuoso dell'understatement e latore di un'ironia senza forzature e così naturale da nascondere la propria infallibile profondità esistenziale. Conquista intellettuale o esperienza dei sensi, la felicità per Zanasi rimuove la proprietà (quella che ha abolito la forma etica delle azioni) e 'mescola' sentimenti. Perché soltanto la mancanza di possesso o la gestione responsabile del 'bene' rendono possibile e corrente l'amore.
da qui


Zanasi sembra decisamente più interessato allo sfondo che ai personaggi, sembra più concentrato sul concetto di imprenditoria morale, sulla missione del protagonista di sottrarre le imprese a chi non sa gestirle per trovare amministratori responsabili (“Ma ce ne sarà uno coi sensi di colpa no? Esisterà!”) che alla storia principale. Questo non sarebbe male, anzi, dà a tutto il film una strana aria irrisolta da cui avrebbe potuto beneficiare, se non fosse che anche dal lato di comprensione dell’umanità delle persone ritratte La felicità è un sistema complesso è deficitario e, per quanto parta bene, dai primi momenti comincia una lenta ed inesorabile discesa di ritmo e solidità. Da un certo punto in poi infine decide purtroppo di massacrarsi da sè a colpi di sequenze musicali superflue e sembra deporre ogni arma, attendendo inerme la propria fine, privo anche della voglia di respirare. Non va nè avanti nè indietro, non si muove ma ripete se stesso. Una lenta ed incomprensibile morte.


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