giovedì 25 giugno 2015

Se sei vivo spara – Giulio Questi

un anno prima de "Il grande silenzio", di Sergio Corbucci (qui), Giulio Questi gira questo western anomalo, dove gli indiani sono buoni, la "brava" gente di un villaggio del West è costituita da gentaglia, i due più influenti cittadini sono degli avidi senza fondo, un ragazzo e un moglie sono le loro vittime sacrificali, i banditi sono banditi davvero, solo Tomas Milian si salva, mezzosangue, e per questo destinato a pagarla cara, ha una sua personale visione della giustizia, e poi la banda delle camicie nere (sembrano usciti dal Salò di Pasolini).
come quello di Corbucci anche questo è cinema politico e il western è il contenitore e lo stile per un film forte, dove i ricordi partigiani di Giulio Questi riapparivano.
il film usci regolarmente, ma fu sequestrato dopo qualche giorno, e censurato. 
riemerse nel 1975, con un nuovo titolo, Oro Hondo.
cercalo, non sarai deluso - Ismaele







Probabilmente il western più “maledetto” e censurato di tutti i tempi, l’unico che in Italia sia stato fatto oggetto di sequestro da parte della magistratura e indubbiamente lo spaghetti western più sperimentale e visionario mai realizzato. E anche in assoluto uno dei più belli.
Visto con l’occhio di oggi non colpisce tanto per le sequenze di efferata violenza (ché dagli anni sessanta ne è passato di sangue sotto i ponti) – anche se la scena della scotennatura dell’indiano e quella dell’autopsia a mani nude risultano tuttora abbastanza impressionanti – quanto per il sottotesto di ambiguità sessuale che attraversa come un fil rouge l’intera pellicola e per l’esplicito messaggio anticapitalista e antifascista (con la banda di fuorilegge gay in divisa nera come più indovinata delle metafore)…

Febbrile, visionario, artaudianamente crudele, disturbante. Poco importa la trama pretestuosa del vendicatore intrappolato in una ragnatela western di perfidie, complotti e tradimenti. È un’esperienza di deragliamento visivo e sensoriale: sequenze graffianti, idee spiazzanti, suggestioni esoteriche, montaggio poetico-rimbaudiano, musica insinuante. Primissimi piani, dettagli, e tanto sangue: allegoria di un orrore che allude a fascismo e resistenza (l’impiccato a testa in giù), attraversa la cristologia e approda ai moderni razzismi sociali.

Il film ebbe diverse noie con la censura, vista la forte violenza, la quale si abbina in modo ironico e mordace alla esplicita carica critica della società moralistica e ipocrita del villaggio, peggiori ancora dei banditi traditori nei confronti di Hermano che torna da una presunta morte, personaggio un po' mascalzone ma in fondo dotato di sensibilità e calibrata compassione (tratteggiato anche con valenze cristiche e con una spiccata carica erotica), come nei confronti del giovane efebico Evan (Ray Lovelock), rapito dalla banda, sadica e dagli splendidi costumi neri, di Zorro (R. Camardiel) come riscatto per l'oro e che diventa oggetto del desiderio sessuale (in una sequenza che ammicca soltanto alle loro attenzioni in modo comunque evidente) e con cui però si allude anche ad una sotterranea attrazione tra Evan ed Hermano stessi, oppure nei confronti di Elizabeth (Patrizia Valturri), moglie segregata dell'avaro Ackerman (Paco Sanz, alias Francisco Sanz), rivale di Bill Tembler (M. Quesada), "scandalosamente" convivente della cantante Lori (M. Tolo).
Chi sa che non abbia influenzato anche Alejandro Jodorowsky...

Un western nero come pochi altri. Non è questione di sangue, ma di un'opprimente cappa di morte e dolore che pervade il film dall'inizio alla fine. Se è vero che la nomea di western-splatter poco gli si addice, è altrettanto vero che l'atmosfera è violentissima: non c'è pietà per nessuno, solo la morte. Unica nota stonata la love story tra il Nostro e la pazza, unico personaggio inutile, ma tutto sommato porta via poco minutaggio. Uno dei migliori e senz'altro più personali film del genere.

…Prima e unica incursione western di Giulio Questi, che realizza un film geniale, bizarro e dai temi forti per quegli anni, tanto che il film venne sequestrato e tagliato in più punti per poi uscire al cinema. Un vero cult cinamatografico. Scritto da Franco Arcalli, è considerato uno dei più violenti e stranianti spaghetti-western prodotti in Italia. Il film è una sorta di esperimento, ed è pieno di immagini violente e scioccanti come lo scotennamento di un indiano, il ventre di un uomo scuoiato per recuperare una pallottola d'oro e un gruppo di cavalli sventrati da una bomba. C'è infine la curiosa apparizione di una banda di cowboy omosessuali,per non parlare della scena dello stupro omosessuale ai danni di un giovanissimo Ray Lovelock (scena non reperibile, in quanto fu tagliata). L'atmosfera equivoca, lugubre e malsana che regna intorno a tutta l'ambientazione del film lo rende una parentesi strana e originalissima nel panorama del western italiano. Per tutti gli estimatori del genere, un titolo imperdibile.

Il film ormai rimane un opera cult estrema, Quentin Tarantino eJoe Dante non si stancano mai di omaggiarlo e di citarlo continuamente. Oggi, questo film di Giulio Questi, è proprio un riferimento di studio, di accademia, e per noi anche di nostalgia. E pensare che Se sei vivo spara è nato proprio per caso.  Ricordava Giulio Questi: “io e Kim eravamo a casa a scrivere la scaletta di quello che doveva essere il nostro prossimo film da girare,  la morte ha fatto l’uovo, quando bussa alla porta il produttore Sandro Iacovoni. Lui aveva assolutamente bisogno di noi perché dovevamo buttagli giù immediatamente una scaletta per un western. Insomma per abbreviare la cosa ci fece interrompere la scrittura della sceneggiatura de  La morte ha fatto l’uovo  insistendo sul fatto che in quel momento il mercato voleva un western atipico. Ma a me e ad Arcalli il genere western non aveva mai davvero interessato, noi cercavamo cose più autentiche, però Iacovoni riuscì a convincerci buttando giù la promessa di un impegno per la produzione del nostro prossimo film, quello che stavamo appunto scrivendo in quel momento.  La decisione finale, giunta come una illuminazione per Giulio Questi e Kim Arcalli, è stata “fortunatamente” diceva Questi, quella di accontentare il produttore Iacovoni e fare il suo western, di consegnarli in brevissimo tempo l’ampia scaletta e dopo la sceneggiatura. Dice Giulio Questi: “Se sei vivo spara  fu girato a Madrid, con pochissimi soldi, dentro un cantiere, e stando ben attenti a non inquadrare gli operai al lavoro e le tante case che insistevano attorno al nostro proscenio”.   Se sei vivo spara ottenne decisamente un successo internazionale, lo stesso Giulio Questi ha poi sempre riconosciuto che il successo della pellicola era forse da ascriversi un po’ anche  alla equivocità del film, al suo occhieggiare e sbeffeggiare in definitiva a più generi cinematografici…

…Se sei vivo spara è probabilmente uno degli western italiani più stranianti di ogni tempo – insieme ad alcune altre pellicole d’autore come lo psichedelico Matalo! di Canevari e gli (anti)lirici Django di Corbucci e Tempo di massacro di Fulci. Violenza, surrealismo e narrazione atipica sono i tratti distintivi del western di Questi, riconosciuto anche all’estero come un capolavoro: se si volesse spiegare perché “genere” e “autore” sono distinzioni di maniera quasi sempre nominali, tale film può esserne un esempio pratico e più efficace di tante parole. Se sei vivo spara è un western, certamente, nella trama e nelle ambientazioni: una banda di rapinatori, un uomo in cerca di vendetta, un villaggio nel deserto, sparatorie e lotte per il denaro. Ma è molto di più: pur trattandosi di un film su commissione, Questi e Franco Arcalli sceneggiano una vicenda del tutto originale dal punto di vista tematico e stilistico, magistralmente diretta dallo sguardo caustico del regista che sovverte tutte le regole del genere. Spiega Nocturno Cinema: “Attratti dall’idea di scrivere un film eccentrico e spiazzante, Questi e Arcalli immaginarono un western che contenesse tutto ciò che in quel momento nessuno avrebbe mai osato mettere in scena”…
Un western come Se sei vivo spara non poteva che avere una musicalità del tutto particolare: affidata al compositore Ivan Vandor (Professione: reporter di Antonioni, 1975) , è dominata da uno score trascinante con percussioni ossessive contrappuntate da una melodia più fluida e lirica – con l’effetto di un impasto sonoro contrastante – che si evolve in un brano di ampio respiro. A questo tema, che si ripete innumerevoli volte nel film, si affiancano pezzi dissonanti e surreali che accompagnano i momenti più lugubri, come gli spasmi della donna rinchiusa.

Violentissimo (all'epoca fu vietato ai minori di 18 anni), ma straordinario western realista che conduce il genere cinematografico verso il punto di non ritorno. La storia di un bandito che sopravvive miracolosamente al massacro dei suoi compagni (o forse resuscita, questo l'elemento che rende il film ancora più straniante) e cerca una vendetta che diventa impossibile a causa della follia degli abitanti di un paese disposti a massacrarsi l'un l'altro pur di impossessarsi di una notevole partita d' oro. Notevoli e scioccanti ( ma a loro modo indimenticabili) le esplosioni splatter: celebre quella del bandito scuoiato vivo dalla folla nel tentativo di estrarre dal suo corpo una pallottola d'oro, quella dell'indiano scotennato e i cavalli sventrati dalle bombe. La sceneggiatura del regista e di Franco Arcalli ripropone gli spunti e le tematiche rese celebri da "Per un pugno di dollari" sviluppandoli in modo ben più agghiacciante e creando uno scenario da incubo dove si muove un protagonista (a cui Tomas Milian conferisce grande intensità e sofferenza) animato da un sentimento di giustizia che risulta comunque perdente di fronte alla follia sanguinaria dei paesani. Il mio giudizio non è completamente obiettivo (potrebbe starci benissimo un punto in meno), ma ho visto dei giudizi etremamente negativi che mi hanno causato una certa rabbia. Non è assolutamente possibile ritenere questo film indegno di essere visto e attribuirgli una media così bassa. E' un'opera rivoluzionaria con un finale difficile da dimenticare, più coraggiosa dei film di Sergio leone anche se molto meno fortunata , ma ancora oggi estremamente attuale. L'analisi di un film non è cosa per tutti e non dipende dai gusti individuali. Deve essere fatta a mente fredda senza pensare ai film di oggi (molti dei quali a mio parere non hanno nemmeno un minimo della forza di queste opere). Certo le opinioni sono opinioni ma un'analisi accurata ci vuole sempre e non si deve rovinare la memoria di questi film soprattutto per rispetto nei confronti degli appassionati. Certi giudizi di questa pagina dovrebbero essere passibili di cancellazione.
da qui





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