lunedì 22 giugno 2015

L’odore della notte – Claudio Caligari

ci sono film che assorbono la lezione del miglior cinema fatto in precedenza e che contengono quelli che verranno fatti nei successivi vent'anni.
Claudio Caligari con L'odore della notte riesce a fare questo miracolo, con una grande sceneggiatura, tirando fuori il meglio da attori che diventeranno famosi.
chi negli ultimi anni ha visto qualche film e qualche serie tv, di quelle che vanno tanto di moda, provi a guardare questo film, e vedrà che cosa abbiamo perduto con tutti i film non fatti di Claudio Caligari.
non privatevene - Ismaele





Sono gli anni di piombo, quelli in cui Caligari ambienta il film (traendo spunto da un romanzo di Dido Sacchettoni, Le notti di arancia meccanica), ma il vero nemico non è il brigatismo; è l’Italia del riflusso, in cui si agitano gli spettri del golpe Borghese e si vagheggia il compromesso storico. L’Italia che ha superato/sperperato l’illusorio boom e ricade nel vortice del conflitto sociale.
Non sono molti i film che hanno avuto il coraggio di tracciare un percorso possibile sulla lotta di classe in Italia, e sono ancora meno quelli che hanno scelto di farlo ragionando allo stesso tempo sulla macchina/cinema. L’odore della notteè un oggetto a se stante, fuori dal tempo (e incompreso al momento della sua presentazione ufficiale), che mescola il noir d’oltreoceano con lo scandaglio umano delle periferie che tracima ancora umori pasoliniani e zavattiniani e dà del tu ad altri grandi reietti del cinema italiano (il Nico D’Alessandria de L’imperatore di Roma, l’Alberto Grifi di Michele alla ricerca della felicità); Caligari fonde questi due elementi con una semplicità che ha del miracoloso, sostituendo l’enfasi epica che gronderà umori post-polar nei “romanzi criminali” del terzo millennio con uno straniamento mai anti-popolare. Agit-prop borgataro, L’odore della notte è onesto e preciso come lo sguardo di un regista che ha osato ciò che non poteva essere accettato: nell’Italia del miracolo italiano, nell’Italia post-ideologica in cui la falce e martello andava riposta in un cantuccio, cancellata dai manifesti elettorali, nell’Italia che ritrova il suo posto centrale in Europa, Caligari riporta lo sguardo a un passato recente senza edulcorarlo, né elevarlo a monolite storico inattaccabile…


Caligari ci ha lasciato con “Amore tossico” e poi con “L’Odore della notte” un cinema senza fronzoli, raccontando sempre storie interessanti di casi umani, baraccopoli, e di come si diventi attraverso questo tipo di vite ed esperienze. Nella sua opera non è mai difficile trovare forti critiche per l’atteggiamento italiano generale in quegli anni, per i partiti politici e la polizia inclusi. Non dimentichiamo, che “L’Odore della notte” è ambientato durante gli Anni di Piombo, quando i “criminali normali” furono spesso trascurati dalle forse dell’ordine rispetto all’azione terroristica e ai suoi colpi. Tuttavia, non si può anche fare a meno di pensare che la città di Roma e il suo lato più oscuro giochi sempre uno dei ruoli principali nel cinema di Caligari, e in fattispecie Ostia, così ben presente sia in “Amore tossico” che qui. Per salutare degnamente e come gli sarebbe piaciuto Caligari e il suo cinema, non c’è forse modo migliore di postare in fondo a questo scritto il notevole e al contempo esilarante cameo di Little Tony,costretto a cantare la sua hit “Cuore Matto” sotto la minaccia della 9 mm di Marco Giallini.


"L'odore della notte" - tratto dal libro-inchiesta di Dido Sacchettoni "Le notti di Arancia Meccanica" - racconta le azioni di una banda dell'entroterra criminale romano, guidata da un poliziotto di borgata in forze a Torino. Vite allo sbaraglio segnate non solo da un disperato bisogno, ma dal desiderio di guardare negli occhi e offendere con la rapina coloro che dalla vita hanno avuto il benessere, l'agiatezza, la felicità. La banda di Remo (un colossale Mastandrea) è composto da lupi che si battono la coda sulle costole magre, branco di borgata senza strategia, che nel furto vede un riscatto sociale più che una fonte di ricchezza. Eccellenza masnadiera, ma anche tragico limite di un gruppo di criminali improvvisati in un'Italia che vedeva riempire le pagine della cronaca nazionale da un selvaggio rigurgito di lotta armata.

Colmo di scene degne di culto, come quella che vede il compianto Litle Tony nei panni di se stesso, durante un drammatico colloquio con uno dei rapinatori che lo obbliga a cantare "Cuore matto" portando il tempo con la canna della pistola; oppure quella in cui Mastandrea, novello Travis di "Taxi Driver", abbatte il televisore fracassandolo al suolo.

Da riscoprire e riabilitare, senza indugio.

…“L’odore della notte”  (1998) è stato comunque riconosciuto come un gradito ritorno ad un tipo di cinema, chiamiamolo di genere, che in Italia ormai non si faceva più da tempo. Ecco, ci sono stati dei film a cui si è ispirato?
Di cinema italiano c’è ben poco. C’è dentro soprattutto Bresson. La casa di Remo Guerra (Valerio Mastrandrea) è costruita su quella di Pickpocket (1959) e di Le samouraï (1967) di Melville. Sono case che vedevo al cinema quando avevo vent’anni. Erano costruite in teatri di posa, ma all’epoca non lo capivo. Mentre, ad esempio, la casa che si vede in Taxi driver (1976) di Scorsese è vera. Bene, ho fatto un mix di tutte queste case e perciò automaticamente posso affermare che queste sono state le mie influenze. Per quanto riguarda Remo Guerra devo dire che ha qualcosa soprattutto di personaggi solitari come Alain Delon o Jean-Paul Belmondo.
In questo modo ci allontaniamo dal cinema dagli echi tarantiniani, quelli a cui spesso viene accostato il film……
Il tipo di violenza che si vede nel cinema di Tarantino, soprattutto nel film Le iene (1992), non mi interessa perché è una violenza che fa ridere, ma che fa anche paura. L’avevo pensata anch’io già negli anni Ottanta, ma non erano pronti i produttori. Ecco, Tarantino è stato abile nei tempi, su molti a mio parere. Quando proposi una sceneggiatura simile alle sue, molti non la capivano e io l’ho abbandonata. I film polizieschi italiani degli anni Settanta, invece, non li andavo a vedere perché la critica diceva che facevano schifo e anche a me quei pochi che ho visto mi sembrano scalcinati. Tarantino in realtà ha fatto tanti danni esaltando questi film. Preferisco, invece, il polar francese, soprattutto i film di Melville, o il primo Sautet (Asfalto che scotta). Oppure il cinema americano, Scorsese prima di tutti.
Nel volume “Storia del cinema”, Gianni Rondolino la colloca all’interno di una schiera di registi  da lui denominati “post-televisivi”. Ora, cosa risponderebbe?
Non rispondo mai. Nel libro “Italia odia – Il cinema poliziesco italiano” di Roberto Curti, però, c’è una lettura interessante suL’odore della notte. Intuisce che il film ha disturbato nel dire chi ha i soldi e chi non li ha, perché questo discorso è un tabù nel nostro Paese…



comincia così:

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