domenica 11 maggio 2014

Essential killing – Jerzy Skolimowski

un film senza parole, Vincent Gallo dal primo all'ultimo minuto, in fuga.
essenziale come lo era, mutatis mutandis, "Into the wild" (nell'ultima parte), il passato è passato, si tratta di una lotta per la sopravvivenza, pura e semplice.
mi sono ricordato anche di "The shout" (sempre di Jerzy Skolimowski), anche qui c'è qualcosa di molto profondo, comprensibile, ma inesplicabile, le parole non servono, le immagini sono tutto.
un film, da ricercare e (ri)vedere - Ismaele






Mirabile esempio di come con pochi mezzi, due o tre attori massimo, un paio di location si possa realizzare lo stesso un film formidabile. Ci riesce tre anni fa il grande esule polacco Jerzy Skolimowski, se non proprio un maestro del cinema poco ci manca, con questo Essential Killing. Un talebano catturato in Afghanistan (Vincent Gallo!) e portato poi in rendition in un misterioso paese del Nord Europa, scappa dal carcere speciale in cui l’hanno ficcato e si ritrova in un esterno ostile e a lottare per la sopravvivenza tra ghiacci eterni e altre situazioni estreme mentre un elicottero gli dà la caccia…

…viene accentuata l’immedesimazione visiva e intellettuale dello spettatore nel personaggio, assolutamente anti-eroico, di Gallo: quasi che il nostro effetto di vedere con fatica sia la proiezione del vivere con fatica del protagonista – una scelta paradossalmente “umana”, antropocentrica, per far entrare lo spettatore nel “disumano” narrativo offerto dal profilmico. Tutte scelte che, una volta unite, funzionano e si amalgamano alla perfezione – figlie sia di una volontà estetica (eleganza e costruzione rigorosa di alcune inquadrature, studiate sembra con minuziosità geometrica), che di una volontà squisitamente narrativa -, cercando di mostrare il sentire: senza dubbio la cosa più difficile che si possa fare al cinema, che riesce (neanche sempre) solo ai grandi cineasti.
Sul fatto però che quello di Skolimowski fosse un cinema interessante, ragionato, attento e quasi mai banale (e altrettanto si potrebbe dire del regista) non c’erano molti dubbi. Sul fatto che Gallo fosse un attore più che convincente nemmeno c’erano molte perplessità. L’unico timore lecito, da parte nostra, era nel vedere come le due entità avrebbero collaborato, se si sarebbero coese o meno e a che livello: ma anche questa discussione è spazzata via, se non già dopo un quarto di Essential killing, al finire dello stesso. Tipico dei film splendidi, brillanti, multiformi ma mai persi in sé stessi: opere praticamente, a prescindere dal fatto che possano piacere o meno, perfette.

La critica politica resta sullo sfondo a fungere quasi da suggestione per un racconto che, fondamentalmente, si snoda attraverso una fuga – terribile, ferina, violenta – in cui si uccide per sopravvivere e dove l’uomo, come un animale braccato  in cerca di cibo, dimentico di ogni traccia di umanità, arriva a regredire come un cucciolo selvaggio. Un muto Vincent Gallo si aggira, famelico, in ogni inquadratura e finisce per incontrare una compassionevole (e altrettanto muta) Emmanuelle Seigner che sembrerà regalargli una via d’uscita su un cavallo bianco.
Una trita simbologia che svilisce, sul finale, un film già sufficientemente irrisolto e che, in questo epilogo, ne rivela mestamente la vacuità.

…Fuggito simbolicamente dalla Storia, evaso dalla prigionia della parola (interrogatori e confessioni estorte sotto tortura), ma braccato dai suoi rappresentanti, l’uomo ripara in una foresta che è il luogo del primordiale.
Un ritorno al primitivo, alla natura, un passaggio dalla sopravvenienza (la guerracontro) alla sopravvivenza (per la vita) che cristallizza l’universale oltre i discorsi, le barriere, le identificazioni. Skolimosky arriva così alle autentiche radici del problema, non più storico ma atavico (selezione naturale?), ma anche alle fondamenta del genere (caccia all’uomo), all’essenza del Killing. Un racconto prosciugato, un plot ridotto all’osso, una messa in scena talmente iperrealista da sfiorare l’astrazione (il sangue rosso sulla criniera bianca del cavallo) e da infrangere certi tabu (il “ritorno” al seno materno). Il tutto illuminato dall’enorme prova psicofisica di Vincent Gallo, presente dal primo all’ultimo minuto…

A force d’insistance nous prêtons trop d’attention aux détails qui brisent la cohérence de l’ensemble, le personnage d’Emmanuelle Seigner en tête. Alors que Vincent Gallo s’épuise littéralement en donnant vie de manière impressionnante au principal protagoniste du film, en une séquence toute la crédibilité du film est définitivement annihilée. Le parfait camaïeux de mauve arboré par l’actrice est dévastateur – sans parler de sa manucure. Et si en plus la caméra s’attarde sur elle quitte à abandonner le protagoniste avec qui nous avons fusionné…

« Essential Killing » est donc une œuvre assez éprouvante, une sorte de défi de mise en scène, car à l’issue de ces éprouvantes épreuves physiques, il sera difficile de cerner le véritable propos du réalisateur. Même ces flashbacks visant certainement à situer ce taliban paraissent plutôt mal convenus, archétypaux, et cassent surtout le faux rythme du film qui, lui, est étrangement captivant.

With "Essential Killing," Skolimowski comes closer than ever before to a pure, elemental story. At Venice he declined to spell out its parable, if any, and Vincent Gallo didn't attend. But the two have worked well together here to survive what must have been a grueling production. It reminds us that man, like any animal, fights for life with all of his will, and will do whatever is, yes, essential.
da qui

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