mercoledì 29 maggio 2013

L’isola di ferro (Jazireh ahani) - Mohammad Rasoulof

quella nave è il mondo, dice il maestro.
Mohammad Rasoulof è uno coraggioso, non le manda a dire, per questo lo trattano come Jafar Panahi, galera e infiniti ostacoli per fare film.
qualche anno fa è passato nelle sale italiane, miracolosamente, chissà chi l'ha visto.
questo film è il mondo, non perdetelo - Ismaele



QUI  il film completo con sottotitoli in inglese

…Il professore, che giovane non è, ha il coraggio di dire ai suoi alunni che la nave sta affondando. E la nave ovviamente è il mondo. Se chi sta in alto preferisce che chi sta sotto continui ad essere ignorante per sempre, è perché così la sottomissione è più semplice. Ogni notizia dall'esterno è preclusa, quello che conta è soltanto la “saggezza” del capo. Eppure la nave affonda proprio per colpa di quel capo che pensa principalmente ai suoi interessi.

Il film di Mohammad Rasoulof propone una visione “illuminata” di una possibile realtà dove si potrà sperare di staccarsi da retaggi patriarcali e religiosi e dove un ragazzo ed una ragazza potranno volersi bene senza ostacoli imposti dall'esterno. Con un linguaggio asciutto e realistico, anche se con elementi quasi fiabeschi, L’Isola di Ferro, ci rende conto della storia di una comunità in cui risiedono vari tipi di mentalità ed in cui la forma gerarchica assume connotati fortissimi per cui le donne “devono” essere così e gli uomini “devono” essere così. Ma nella descrizione attuale si insinua lo strano poetico personaggio simbolico di un “pesce-bambino” che, alla fine, in un pezzo di bel cinema riesce a far intuire che il cambiamento ci sarà. O comunque bisogna crederci…

The ship symbolizes how a backward industrial country must learn to survive and prosper without natural resources. There are also anti-war messages throughout from the teacher asking the children to not think negatively about fighting enemies to the teacher making chalk from old bullet casings. But the picture belongs to Nasirian's overwhelming performance as the captain who knows how to treat his constituents, perhaps like those old politicians from Tammany Hall who stayed in office by being the paternal wheeler-dealers and not always being on the level with their childlike followers. The film firmly believes in its faux naïveté premise that utopias only survive through authoritarian leaders who form communities in isolation, which is debatable but not according to the way the film sets up its political agenda--as it follows the lead of its benign despot and leaves no room for debate, which seems to be a precariously dangerous philosophy to get trapped into believing without questioning its ramifications.

…The enigmatic suggestiveness of Iron Island has led to multiple interpretations.  The idea of people on a ship’s journey led by a charismatic leader has appeared many times, from Noah’s Ark to Captain Ahab’s Pequod.  However, the ship is only a metaphor here, and we could be just as well be comparing Iron Island’s community with those led by Moses or Mohammad.  In fact Rasoulof’s original story did not even take place on a ship; he changed his story when he happened upon the oil tanker in the Persian Gulf [3].  

The question is what to make of the charismatic Captain Nemat?  Is he a benevolent figure?  Certainly Captain Nemat is not a draconian ruler.  He seems to operate sincerely according to his worldview, which seeks to optimize material resources.  Even when he tortures Ahmed, he explains that this must be done in order to avoid social chaos…

Comme un symbole de la fin d’une société d’entraide, ce film iranien, aux images superbes et colorées, apporte une vision cruelle et désenchantée d’une société où l’individualisme finit forcément par primer. Le devenir de cette communauté, condamné par le bateau qui coule, le temps est donc compté dès le départ. Pourtant le réalisateur ne joue pas sur un suspense artificiel et s’intéresse de près au fonctionnement de cette micro société, qu’il dissèque petit à petit. De l’organisation du ravitaillement aux menaces de noyades que subissent certains récalcitrants, il montre comment une société sous influence d’un homme, fait preuve de bien peu de compassion, appliquant aux enfants les mêmes règles qu’aux adultes.
Un film dur, où les hommes ne sont pas des saints, et où chacun joue pour ses propres enjeux. Et c’est de la confrontation des enjeux amoureux, entre adultes et adolescents que surgira la véritable nature humaine. Difficile de ne pas réagir devant les manipulations et les hypocrisies qui règnent en maître dans ce système déjà reconstruit, et voué à une destruction prochaine.
Comme quoi les hommes n’apprennent jamais.

Note di Mohammad Rasoulof
Mi sono ispirato a una pièce teatrale che avevo scritto dieci anni fa, riprendendone i personaggi principali. E’ una storia immaginaria e si muove a livello simbolico. D’altra parte, però, volevo restare realista nello svolgimento. Non volevo che la metafora soffocasse la realtà delle situazioni. Credo che l’ osservazione di una comunità che subisce la forte influenza del suo leader sia un soggetto universale. Vi si mescolano i temi della sottomissione, del tradimento, delle grandi speranze e delle successive delusioni… La pièce era immersa in un’atmosfera surrealista. Per il film ho preferito avere dei riferimenti più precisi, ma sempre con la volontà di rivolgermi a tutti gli spettatori. Il film è ambientato in una piccola isola dell’ Iran, nel magnifico golfo persico. In un certo senso è un mondo “in disparte”. La mentalità, l’ abbigliamento, il modo di pensare, le tradizioni religiose che sono raccontate nel film non sono tutte iraniane, ma rinviano ai codici della vita attuale in Medio Oriente…

Mentre la gente si avvia verso il luogo dove dovranno costruire il villaggio, un bambino si allontana e ammira il tramonto e quel mare, che fin da piccolo lo aveva ospitato. Il suo nomignolo è pesciolino. Si guarda attorno e in una pozzanghera vede dimenarsi un piccolo pesce, lo prende con sé, come quando sulla nave liberava quelli pescati dalla gente, e lo getta fra le onde del mare, illuminate dal tramonto del sole di giallo oro. È la speranza di un cambiamento; anche quando la giovane sposa si recherà davanti all'altare a pregare e là incontrerà il suo vero ed unico amore. Il cinema diventa, così, lo spaccato di un mondo che noi non conosciamo, realtà estrema ma dove la speranza ha il diritto di essere scoperta.

In The iron Islandsi narra la storia di una comunità che vive su una nave, ma è più corretto dire "relitto".
Trovata geniale, a mio modo di vedere, giacché il relitto è già l’evocazione di un certo stato delle cose.
Relitto è già, in qualche misura, sinonimo di emarginazione.
In questo relitto vive un vero e proprio sistema sociale.
Diretto da un comandante.
Anche qui l’eovcazione è molto forte e diventa di sapore diverso se la guardassimo con un occhio cubano, un’altro perché no italiano, ed un terzo occhio (ma quanti occhi ho) americano.
Tutte nazioni che hanno un capitano non vi pare?
Il cinema di Mohammad Rasoulof è sicuramente un cinema simbolico.
Noi non sappiamo nulla del relitto, nè perché il flim inizi li.
C’è qualcosa di Luis Buñuel proprio nella totale assenza d’indizi e nel gusto dell’evocazione.
da qui

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