ne ho letto qui
qualche giorno fa, dopo il film di Ladislao Vajda (di origini ungheresi), del 1958, (qui) e quello
di Sean Penn, del 2001 (qui),
ho visto il terzo film legato a “La
promessa” di Friedrich Dürrenmatt, libro che letto più di una volta.
il libro nasce dopo la sceneggiatura del film di Vajda, e finisce
in modo diverso rispetto al film.
il film di György
Fehér impressiona per molte cose, la musica è una protagonista, il campo
lunghissimo all'inizio (dal grande al piccolo) e alla fine (dal piccolo al
grande), le persone in attesa del colpevole sembrano prese da un film di Bela
Tarr, che ha collaborato come consulente al film.
nella
copertina del libro si parla di “requiem per il romanzo giallo” e anche il film
non può essere un oggetto facile, i buoni da una parte, i cattivi dall'altra, le
certezze sono bandite, il caso e il caos (e stesse quattro lettere) sono dentro
le cose. da
non perdere (la versione su youtube, l'unica che ho trovato, non gli rende giustizia, ma se ne intuisce la grandezza) - Ismaele
(…L'idea
dominante espressa da Dürrenmatt in questo romanzo è l'impossibilità di
arrivare alla verità e alla giustizia attraverso la logica dell'indagine di
polizia, poiché è spesso il caso a determinare il successo o il fallimento sia
per l'investigatore che per il criminale. Oltre a smontare i meccanismi che
stanno alla base del poliziesco tradizionale, lo scrittore riesce a evocare un
paesaggio morale e sociale di rara desolazione, disegnando attraverso una
parabola umana dall'esito tragico un quadro orripilante della società svizzera contemporanea.
Un grande
romanzo, epico, che metaforicamente annuncia la morte del giallo come genere:
Dürrenmatt sostituisce alla morale pratica di ogni poliziotto una morale
metafisica: il razionale non prevale sul caos, o almeno non fatalmente…)
PS: ho trovato (su youtube) che esiste uno sceneggiato,
tratto dal libro, di Alberto Negrin, del 1979.
…IntroducingSzürkületto the audience present at its first
screening at the Reykjavík International Film Festival, Hungarian filmmaker
Benedek Fliegauf compared the visual experience to the listening of a whale
song. As a matter of fact, Fehér’s mesmeric feature works a lot like white
noise. The hypnotic use of the all-pervasive sound and the aged-looking black
and white cinematography unquestionably reinforce this impression…
avviene tutto in una notte, odi, riconciliazione, sangue, pace, in film spesso didascalico, necessariamente, sembra esserci un impianto teatrale. il film è davvero bello, merita di essere visto, non deluderà, promesso - Ismaele
Emerge lentamente dal continente africano, per
lo meno per quanto è a nostra conoscenza, una visione autentica e approfondita
dei conflitti etnici che hanno terribilmente sconvolto intere popolazioni. Uno
sguardo cinematografico non solo testimoniale ma anche capace di narrare
attraverso equilibrati artifici narrativi la durezza di quelle guerre, dando
così al cinema una funzione civile e non di solo intrattenimento. ConLa Nuit de la vérité la
regista del Burkina Faso, Fanta Regina Nacro, ci porta in un paese dell’Africa
subshariana scosso dalle conseguenza di una guerra etnica tra le tribù dei
Bonandé e dei Nayak. Théo, il colonnello ribelle dei Bonandé, riceve il
presidente Nayak. Sono radunati per negoziare la pace nel campo dei ribelli.
Passeranno un’intera notte tra buoni propositi e festeggiamenti. Una notte in
cui però i demoni del passato, le anime dei morti, secondo una tematica tipica
delle religione animiste, si renderanno presenti per intralciare la via della
pace…
A small-scale picture
from Burkina Faso,The Night of Truthnonetheless harbours some grand
themes and ideas. Setting itself within a fictitious Africa – one both tied to
and removed from the continent’s real life events – this is a film which
assumes the level of parable. Without these concrete realities to hang onto it
has a much smoother playing field on which it can exist, one which can escape
the muddied politics of a Rwanda, say, and instead focus on creating something
altogether more Shakespearean. Ultimately we’re dealing with a grand tragedy
here, the spectre ofTitus Andronicusin particular being never far away…
quella nave è il mondo, dice il maestro. Mohammad Rasoulof è uno coraggioso, non le manda a dire, per questo lo trattano come Jafar Panahi, galera e infiniti ostacoli per fare film. qualche anno fa è passato nelle sale italiane, miracolosamente, chissà chi l'ha visto. questo film è il mondo, non perdetelo - Ismaele
…Il
professore, che giovane non è, ha il coraggio di dire ai suoi alunni che la
nave sta affondando. E la nave ovviamente è il mondo. Se chi sta in alto
preferisce che chi sta sotto continui ad essere ignorante per sempre, è perché
così la sottomissione è più semplice. Ogni notizia dall'esterno è preclusa,
quello che conta è soltanto la “saggezza” del capo. Eppure la nave affonda
proprio per colpa di quel capo che pensa principalmente ai suoi interessi.
Il film di Mohammad Rasoulof propone una visione “illuminata” di una possibile
realtà dove si potrà sperare di staccarsi da retaggi patriarcali e religiosi e
dove un ragazzo ed una ragazza potranno volersi bene senza ostacoli imposti
dall'esterno. Con un linguaggio asciutto e realistico, anche se con elementi quasi
fiabeschi,L’Isola di Ferro,
ci rende conto della storia di una comunità in cui risiedono vari tipi di
mentalità ed in cui la forma gerarchica assume connotati fortissimi per cui le
donne “devono” essere così e gli uomini “devono” essere così. Ma nella
descrizione attuale si insinua lo strano poetico personaggio simbolico di un
“pesce-bambino” che, alla fine, in un pezzo di bel cinema riesce a far intuire
che il cambiamento ci sarà. O comunque bisogna crederci…
…The ship
symbolizes how a backward industrial country must learn to survive and prosper
without natural resources. There are also anti-war messages throughout from the
teacher asking the children to not think negatively about fighting enemies to
the teacher making chalk from old bullet casings. But the picture belongs toNasirian's
overwhelming performance as the captain who knows how to treat his
constituents, perhaps like those old politicians from Tammany Hall who stayed
in office by being the paternal wheeler-dealers and not always being on the
level with their childlike followers. The film firmly believes in itsfaux naïveté
premisethat utopias only survive through authoritarian
leaders who form communities in isolation, which is debatable but not according
to the way the film sets up its political agenda--as it follows the lead of its
benign despot and leaves no room for debate, which seems to be a precariously
dangerous philosophy to get trapped into believing without questioning its
ramifications.
…The enigmatic
suggestiveness ofIron Islandhas led to multiple
interpretations. The idea of people on a ship’s journey led by a
charismatic leader has appeared many times, from Noah’s Ark to Captain Ahab’s
Pequod. However, the ship is only a metaphor here, and we could be just
as well be comparingIron
Island’scommunity with those
led by Moses or Mohammad. In fact Rasoulof’s original story did not even
take place on a ship; he changed his story when he happened upon the oil tanker
in the Persian Gulf [3].
The question is what to make of the charismatic Captain Nemat? Is he a
benevolent figure? Certainly Captain Nemat is not a draconian
ruler. He seems to operate
sincerely according to his worldview, which seeks to optimize material
resources. Even when he tortures Ahmed, he explains that this must be
done in order to avoid social chaos…
Comme un symbole de la fin d’une société
d’entraide, ce film iranien, aux images superbes et colorées, apporte une
vision cruelle et désenchantée d’une société où l’individualisme finit
forcément par primer. Le devenir de cette communauté, condamné par le bateau
qui coule, le temps est donc compté dès le départ. Pourtant le réalisateur ne
joue pas sur un suspense artificiel et s’intéresse de près au fonctionnement de
cette micro société, qu’il dissèque petit à petit. De l’organisation du ravitaillement
aux menaces de noyades que subissent certains récalcitrants, il montre comment
une société sous influence d’un homme, fait preuve de bien peu de compassion,
appliquant aux enfants les mêmes règles qu’aux adultes. Un film dur, où les hommes ne sont pas des
saints, et où chacun joue pour ses propres enjeux. Et c’est de la confrontation
des enjeux amoureux, entre adultes et adolescents que surgira la véritable
nature humaine. Difficile de ne pas réagir devant les manipulations et les
hypocrisies qui règnent en maître dans ce système déjà reconstruit, et voué à
une destruction prochaine. Comme quoi
les hommes n’apprennent jamais.
Mi sono
ispirato a una pièce teatrale che avevo scritto dieci anni fa, riprendendone i
personaggi principali. E’ una storia immaginaria e si muove a livello
simbolico. D’altra parte, però, volevo restare realista nello svolgimento. Non
volevo che la metafora soffocasse la realtà delle situazioni. Credo che l’
osservazione di una comunità che subisce la forte influenza del suo leader sia
un soggetto universale. Vi si mescolano i temi della sottomissione, del
tradimento, delle grandi speranze e delle successive delusioni… La pièce era immersa
in un’atmosfera surrealista. Per il film ho preferito avere dei riferimenti più
precisi, ma sempre con la volontà di rivolgermi a tutti gli spettatori. Il film
è ambientato in una piccola isola dell’ Iran, nel magnifico golfo persico. In
un certo senso è un mondo “in disparte”. La mentalità, l’ abbigliamento, il
modo di pensare, le tradizioni religiose che sono raccontate nel film non sono
tutte iraniane, ma rinviano ai codici della vita attuale in Medio Oriente…
…Mentre la gente si avvia verso il luogo
dove dovranno costruire il villaggio, un bambino si allontana e ammira il
tramonto e quel mare, che fin da piccolo lo aveva ospitato. Il suo nomignolo è
pesciolino. Si guarda attorno e in una pozzanghera vede dimenarsi un piccolo
pesce, lo prende con sé, come quando sulla nave liberava quelli pescati dalla
gente, e lo getta fra le onde del mare, illuminate dal tramonto del sole di
giallo oro. È la speranza di un cambiamento; anche quando la giovane sposa si
recherà davanti all'altare a pregare e là incontrerà il suo vero ed unico
amore. Il cinema diventa, così, lo spaccato di un mondo che noi non conosciamo,
realtà estrema ma dove la speranza ha il diritto di essere scoperta.
In“The iron Island” si narra la storia di una
comunità che vive su una nave, ma è più corretto dire "relitto".
Trovata geniale, a mio modo di vedere, giacché il relitto è già l’evocazione
di un certo stato delle cose.
Relitto è già, in qualche misura, sinonimo di emarginazione.
In questo relitto vive un vero e proprio sistema sociale.
Diretto da un comandante.
Anche qui l’eovcazione è molto forte e diventa di sapore diverso
se la guardassimo con un occhio cubano, un’altro perché no italiano, ed un
terzo occhio (ma quanti occhi ho) americano.
Tutte nazioni che hannoun capitanonon vi pare?
Il cinema diMohammad Rasoulof è
sicuramente un cinema simbolico.
Noi non sappiamo nulla del relitto, nè perché il flim inizi li.
C’è qualcosa diLuis Buñuel proprio nella totale
assenza d’indizi e nel gusto dell’evocazione.
un'opera prima memorabile, apparso anche in qualche sala in Italia, "Simon Magus" è un piccolo capolavoro, per i miei gusti, l'inizio è folgorante e la fine magica, in mezzo tante cose interessanti (mi ha ricordato qualcosa dell'ultimo film di Bela Tarr, qualcosa di "Train de vie"). Ben Hopkins fa pochissimi film, che il dio del cinema lo conservi così bravo come è stato finora. al posto vostro non me lo perderei - Ismaele
…Bagnato in un'atmosfera fatta metà di realtà, metà di sogno, Simon
Magus è un film che non ignora la poesia e non incorre mai nelle
trappole dello stereotipo o della citazione gratuita (per dirne una, evita la
tentazione di "fare Chagall" nell'iconografia del villaggio). A
volere essere proprio severi, decolla lentamente e affatica un po' nella prima
parte; però nella seconda la temperatura emotiva cresce rapida e la fine è
davvero commovente.
Simon Magus, opera prima di Ben Hopkins, premiato a Sitges come miglior regista,
è una inusitata pellicola fantasy ambientata nell'Europa del 19° secolo, dove
l'arrivo della ferrovia mette in crisi il commercio di un piccolo villaggio.
Simon (uno straordinario ed espressivo Noah Taylor, consacrato come miglior
attore dalla giuria del festival) è un poveruomo perseguitato dai suoi
concittadini perché creduto posseduto dal Diavolo, che viene utilizzato, grazie
al suo carattere mite ed inoffensivo, come spia da Hase (Sean McGinley), un mercante
senza scrupoli deciso a costruire una stazione ferroviaria con cui controllare
gli scambi commerciali in paese. Simon giocherà invece un ruolo primario nel
futuro della comunità, diventando lo strumento con cui si manifesteranno forze
soprannaturali; affiancati da attori del calibro di Ian Holm, Rutger Hauer ed
Embeth Davidtz e grazie alle mistiche 'locations' della campagna gallese,
Hopkins e Taylor confezionano un'opera in cui fantasia e realtà s'intersecano
con grazia, in un contesto che segna il passaggio dall'aristocrazia alla
borghesia,Simon Magus è una delicata composizione estetica di una
realtà sociale e storica ben determinata, in cui fa capolino l'elemento
soprannaturale.
…Full of magic and fantasy with an interesting mix of eccentric and complex
characters, this film makes pleasant and entertaining viewing. With a
well-chosen cast the actors do well to make their individual performances
believable, particularly Taylor's efforts as the crazed and freak-like Magus,
but the story itself lacks momentum and intrigue, instead, satisfying the
viewer with realism and time-aged authenticity. However, its simplicity and
non-brashness makes a rare and refreshing treat.
se ti piace il teatro questo film è per te, se ti piace il cinema, pure. Kenneth Branagh fa divertire e pensare, merito di Shakespeare, dopo molti secoli. un film che non delude; alcune battute, da sole, rendono il film buono, tutta la storia ne fa un film da non perdere - Ismaele
…"A Midwinter's
Tale" is the kind of movie that probably will appeal best to those with a
background in the theater and Shakespeare. It asks, but never really answers,
the question of why intelligent adults would devote their lives to such an ill-paying,
frustrating, disappointing profession. Of course a great many other intelligent
adults devote their lives to professions that are equally frustrating and
disappointing, and, while they may pay better, are boring, and never have
opening nights.
… Branagh (che non recita ma
mette in scena praticamente un suo alter ego,attore depresso e disoccupato
innamorato del teatro ma lacerato dal dubbio di abbandonare tutto per migrare a
Hollywood con un contratto milionario per una saga di fantascienza) riflette
sulla modernità del testo shakespeariano e del teatro in genere e
sull'importanza di mettere sempre qualcosa di proprio in una rappresentazione
il cui testo è conosciuto oramai anche dalle pietre. Il testo è immortale, la
sua rappresentazione no,dipende sempre dalla capacità di chi si cimenta in
essa. E poi quel tormentone, la canzoncina con il ritornello che recita "Why must the show goon?"
quasi un appello a non far morire il teatro schiacciato come è oggi da altre
arti visive e di intrattenimento che coinvolgono molto più pubblico. Il
pubblico è fondamentale e non a caso la "scenografa" di questo Amleto
dei poveri, Fadge, prevedendo il vuoto in platea si occupa solo di costruire
sagome di cartone da porre sui posti vuoti in modo da creare l'effetto
"sold out"…
E' una giornata mite e il sole splende obliquamente sulla pianura.
E' domenica, tra poco suoneranno le campane. Fra i campi di segale due bambini
hanno scoperto un sentiero che non avevano mai percorso e nei tre villaggi
della piana luccicano i vetri delle finestre. Gli uomini si radono davanti a
specchia appoggiati su tavoli da cucina, le donne canterellano affettando il
pane per il caffè, e i bambini si abbottonano le camicette. E' la mattina
felice di un giorno infausto perché in questo giorno nel terzo villaggio un
bambino sarà ucciso da un uomo felice. Il bambino è ancora seduto sul pavimento
e si abbottona la camicetta, l'uomo che si sta radendo la barba dice che oggi
faranno una gita in barca sul fiume mentre la donna canterella e mette il pane
appena affettato su un piatto blu.
Non vi sono ombre nella cucina e l'uomo che ucciderà un bambino si trova ancora
vicino a una pompa rossa della benzina del primo villaggio. E' un uomo felice,
che guarda dentro una macchina fotografica e nell'obbiettivo vede una piccola
automobile blu e accanto all'automobile una ragazza che ride. Mentre la ragazza
ride e l'uomo scatta la bella fotografia, il benzinaio stringe il tappo del
serbatoio e annuncia che avranno una bella giornata. La ragazza si siede
nell'auto, l'uomo che ucciderà un bambino estrae il portafoglio dalla tasca e
spiega che arriveranno al mare e al mare affitteranno una barca e poi andranno
a remare al largo, molto al largo. Attraverso i finestrini abbassati la ragazza
sul sedile anteriore sente quello che dice e chiude gli occhi e ad occhi chiusi
vede il mare e l'uomo accanto a lei nella barca. Non è certo un uomo cattivo, è
felice e contento e prima di salire in macchina si sofferma un attimo davanti
al radiatore che splende al sole a godere di quel luccichio e dell'odore di
benzina e di biancospino. Nessuna ombra si proietta sull'auto, il paraurti
splendente non ha nessuna ammaccatura né la minima traccia rossa di sangue.
Ma nello stesso momento in cui nel primo villaggio l'uomo dell'auto richiude la
portiera di sinistra e tira verso di sé il pomello dell'avviamento, nel terzo
villaggio la donna nella cucina apre la dispensa e si accorge che non c'è più
zucchero. Il bambino, che ha finito di abbottonarsi la camicia e si è
allacciato le scarpe, è in ginocchio sul divano e guarda il fiume che serpeggia
tra gli ontani e la barca nera tirata in secco sull'erba. L'uomo che perderà il
suo bambino ha finito di radersi la barba e piega lo specchio.Sulla tavola ci
sono il caffè, il pane, la panna e le mosche. Manca solo lo zucchero e la madre
dice al suo bambino di correre dai Larsson a chiederne in prestito qualche
zolletta. E quando il bambino apre la porta l'uomo gli grida di far presto, che
la barca è sulla spiaggia che aspetta e che devono remare più lontano di quanto
non abbiano mai remato. E mentre corre attraverso il giardino il bambino non fa
che pensare al fiume e alla barca e ai pesci che guizzano e nessuno lo avverte
che gli restano soltanto otto minuti da vivere e la barca rimarrà dov'è per
tutto quel giorno e per molti altri giorni ancora.
I Larsson non abitano lontano, appena dall'altra parte della strada e mentre il
bambino l'attraversa correndo, la piccola automobile blu entra nel secondo
villaggio. E' un piccolo villaggio di casette rosse e di gente appena sveglia
che siede in cucina colla tazza del caffè in mano, e vede l'auto che sfreccia
al di là della siepe sollevando dietro di sé un'alta nuvola di polvere. Viaggia
a gran velocità e l'uomo al volante vede i meli e i pali del telegrafo
incatramati di fresco sfilargli accanto come ombre grigie. L'aria dell'estate
soffia attraverso il parabrezza mentre escono sfrecciando dal paese e procedono
veloci e sicuri al centro della carreggiata, sono soli sulla strada - per ora.
E' meraviglioso viaggiare così soli su una strada ondulata e larga, e in
pianura è ancora più bello. L'uomo è felice e forte e col gomito destro sente
il corpo della sua donna. Non è certo un uomo cattivo. Non farebbe male a una
mosca ma tra qualche istante ucciderà un bambino. Mentre sfrecciano verso il
terzo villaggio la ragazza chiude di nuovo gli occhi e, per gioco, dice che non
li riaprirà fino a che non si vedrà il mare e sogna, al ritmo del dondolio
dell'auto, quanto le apparirà splendente.
Perchè la vita è congegnata così spietatamente che un minuto prima di uccidere
un bambino un uomo felice è ancora felice e un minuto prima di urlare di
terrore una donna può chiudere gli occhi e sognare il mare, e nell'ultimo
minuto di vita di un bambino i suoi genitori possono stare seduti in cucina ad
aspettare lo zucchero e a parlare dei suoi denti bianchi e di una gita in barca
e il bambino stesso può chiudere un cancello e affacciarsi attraverso una strada
con delle zollette di zucchero avvolte in carta bianca nella mano destra, e per
tutto quest'ultimo minuto non vedere altro che un lungo fiume scintillante con
grandi pesci e una grande barca coi remi silenziosi.
Dopo è troppo tardi. Dopo c'è una macchina blu di traverso sulla strada e una
donna che urla si leva una mano sulla bocca e la mano sanguina. Dopo un uomo
apre la portiera di un'automobile e cerca di reggersi sulle gambe nonostante
l'abisso di orrore che ha dentro di sè. Dopo vi sono delle zollette di zucchero
bianche assurdamente sparse nel sangue e nella ghiaia e un bambino giace inerte
sul ventre con il volto brutalmente schiacciato contro la strada. Dopo
accorrono due persone pallide che non sono ancora riuscite a bere il loro caffè
e si precipitano verso un cancello e quello che vedono non lo dimenticheranno
mai. Perché non è vero che il tempo guarisce tutte le ferite. Il tempo non
guarisce le ferite di un bambino ucciso ed è molto difficile che guarisca il
dolore di una madre che ha dimenticato di comperare lo zucchero e manda suo
figlio dall'altra parte della strada a chiederlo in prestito; ed è altrettanto
difficile che guarisca l'angoscia di un uomo un tempo felice che ora l'ha
ucciso.
Perché chi ha ucciso un bambino non va più al mare. Chi ha ucciso un bambino
guida lentamente verso casa, in silenzio, e accanto a sé ha una donna muta con
una mano fasciata e in tutti i villaggi che attraversano non vedono più un solo
uomo felice. Tutte le ombre sono cupe e quando i due si separano sono ancora in
silenzio e l'uomo che ha ucciso un bambino capisce che quel silenzio è il suo
nemico e che gli ci vorranno anni della sua vita per sconfiggerlo gridando che
non è stata colpa sua. Ma sa anche che questa è una menzogna e la notte nei
suoi sogni si struggerà di poter avere indietro un unico minuto della sua vita
per far sì che quest'unico minuto possa essere diverso.
Ma la vita è così spietata con colui che ha ucciso un bambino che dopo è troppo
tardi per qualsiasi cosa.
un gioiellino, con un Danny Glover perfetto, una storia degli anni 50, sembra mille anni fa, era solo ieri, musica di quella buona, insomma un piccolo capolavoro, ma non fidatevi, ho un debole per il cinema di John Sayles, ma se volete vedere un film che non delude "Honeydripper" vi aspetta - Ismaele
… Incastonato in una
deliziosa cornice narrativa, servito da una sceneggiatura classicamente
equilibrata,Honeydripperconferma il gesto moderno della regia
di Sayles, particolarmente a suo agio quando, sospinto dalla musica, accompagna
l’incedere dei suoi piccoli eroi del quotidiano con lunghi travelling o
improvvisi movimenti ascensionali di dolly, oppure quando si tratta di dare
respiro al tempo narrativo, ricorrendo alla retorica delle dissolvenze. Se il
comparto scenotecnico è all’altezza della situazione, una notazione particolare
meritano la direzione delle luci, affidata all’inglese Dick Pope, abituale
operatore di Mike Leigh: la ritessitura cromatica delle dominanti calde è
decisiva nel mettere in valore le location dell’Arizona, dove Sayles ha girato,
coinvolgendo nell’avventura del set autorità e cittadinanza, a partire dalle
coriste del New Beginnings Ministry oltre a musicisti di vaglia come Keb’ Mo’, Dr.
Mable John e Arthur Williams, che si sono esibiti tutti rigorosamente in presa
diretta.
…No
se trata en absoluto de una película vindicativa de nada; no veremos ni un
drama enérgico ni una tragedia profunda; pero Sayles sabe ofrecer un mosaico de
personajes que viven de y por la música más cercana al pueblo, y al pueblo
negro oprimido y maniatado por unas leyes y costumbres ya casi superadas, centrándose
la narración en el cambio de actitud de los viejos nombres del blues frente al
nuevo rock & roll, asumiendo que una época ha acabado y nace otra,
reclamando, de forma bella y firme, que, de nuevo, la música estadounidense
debe sus más profundas raíces a aquellos que llegaron forzados a servir, aunque
luego su música fuera adoptada y fagocitada por la industria en manos de los
blancos.
Película muy interesante, bien escrita y bien construida, indispensable su
visión para el cinéfilo amante de la música y de las historias con doble fondo
sin caer en maniqueísmos fáciles.
…The plot is a basic melodrama, but there are a lot of
hooks hanging from it. The first is the understated exploration of race and
racism in this situation. The story is told from the point-of-view of the black
lead characters and we see their circumstances contrasted with those of the
whites. The sheriff is the token racist authority figure but, while he's not
sympathetic, Sayles takes care not to paint him as a villain with a black hat.
He abuses his power but he doesn't go as some might (and historically did).
Sayles' portrait of Harmony does something few movies attempt by showing not
the graphic, violent side of racism but the insidious, corrosive kind…
"Honeydripper" is set at the intersection of two movements
that would change American life forever: civil rights, and rhythm & blues.
They may have more to do with each other than you might think, although that
isn't his point. He's more concerned with spinning a ground-level human comedy
than searching for pie in the sky. His movie is rich with characters and
flowing with music…
un film difficile, e doloroso, parla di un viaggio (invernale) fino a Berlino, un adulto che accompagna un ragazzo attraverso la Germania, e la sua vita, e le persone importanti che ha incrociato. con tante citazioni e musiche bellissime - Ismaele
…Le voyage deVincent Dieutreest douloureux, la
maladie est présente, ses prises de cachets en témoignent. Les peines de coeur
font aussi partie de ce voyage. Les relations ne peuvent plus être les mêmes
avec ceux qu'il a aimés. Les visites se font parfois au cimetière. Et l'on se
souvient d'une phrase deDieutredite à son filleul,
"La musique n’est jamais du
temps perdu. Elle est la perte.". Alors perdez vous dans ce
voyage en hiver, vous vous y retrouverez peut-être...
…Au-delà des figures et des gimmicks “dieutriens”, comme le
rappel constant de sa toxicomanie d’hier(“l’âcre
odeur du manque”), Dieutre atteint une sorte de maturité esthétique. Son système de confession en voix
off intimiste encadrant des images brutes (vidéo et film) est désormais une
image de marque, un style à part entière.
Formellement, le film est splendide, scandé par le leitmotiv des travellings
avant sur une Allemagne en apesanteur, embrumée, engoncée dans son manteau de
neige. Un hymne à l’Allemagne mais sans complaisance. Il fallait un Français
comme Dieutre pour composer un tableau aussi complet de cette contrée taboue,
relier les fils de l’histoire passée et contemporaine, suggérer la grandeur et
les horreurs dans un même geste. Evocation argumentée et poétique de la mémoire
de ce pays démembré, puis reconstruit ; de son raffinement et de ses drames
l’assassinat de Rosa Luxemburg, le nazisme, les camps (Buchenwald), les
bombardements (Dresde), le mur de Berlin, le terrorisme. Survol rapide, mais
terriblement exhaustif. Un hiver brûlant.
…Pressé par l'urgence d'une
mort prochaine, il lui montre tout ce qu'il peut; le pire comme le meilleur,
les joies comme les peines. Car si ce film raconte une idée du monde maintenant
révolue, l'Histoire reste, même si on tente d'en effacer les traces, comme à
Berlin, destination finale du voyage, où la ville est reconstruite pour gommer
les stigmates d'une division absurde.
Mon Voyage d'Hiverrenvoie à Schubert de façon évidente.
Par le titre d'abord, la musique bien sûr, mais également par le style.
Dieutre, comme Schubert, nous fait don d'une oeuvre personnelle, intime et
poignante sur le ton de la confidence, se permettant même un surprenant
play-back en guise de fin, avant de nous laisser seuls avec la musique jusqu'à
la note finale.
ho visto il film di Paolo Sorrentino in un cinema di due sale, nell'altra davano "Miele", di Valeria Golino. mi sono chiesto se Jep Gambardella (Toni Servillo) potrebbe fare la scelta del signor Grimaldi (Carlo Cecchi). e non so la risposta.
l’inizio mi ha ricordato “Reality”, di Garrone,
entrambi iniziano il film con una festa, in altri momenti c’era qualcosa di
“The tree of life”, di Malick (Malick celebra la grandezza della vita,
Sorrentino la grandezza di Roma e del suo passato), oltre al fatto di avere
entrambi “usato” musica di Zbigniew Preisner (grandissimo musicista, già autore
delle musiche dei film diKrzysztof Kieślowski).
Toni Servillo (Jep) è
perfetto, come pure Carlo Verdone (Romano), entrambi hanno una storia comune,
Romano, sembra una specie di Flaiano con meno capacità, non ha avuto successo,
ha conservato l’anima di un tempo, e quando abbandona quella Roma che non l’ha
mai voluto, lui povero e ingenuo, uno di paese, quando lo dice a Jep, Jep
vacilla, perde l’unico, forse, amico sincero.
Romano, con quella
faccia e quei baffetti, sembra un attore anni ’50. E in effetti sembra un film
vecchio, poteva farsi uguale 50-60 anni fa, l’Italia sembra ferma, è terribile,
e Jep lo sa, alla fine riesce a dire parole sincere, dice che è tutto
finto e inutile.
fa venire poi i capelli
dritti lo sfogo del mafioso Moneta (il super latitante Denaro?), quando dice
che il Paese lo portano avanti loro.
molte altre parti sono impagabili, la preparazione al, e il, funerale del ragazzo, per esempio.
alla fine sai che è un
film ricco, denso, forse troppo pieno, barocco, dispersivo, bello visivamente,
col tempo si apprezzerà di più, penso - Ismaele
Inutile dire che la performance di Servillo è perfetta e
ironica al punto giusto, fisicamente e intellettualmente debordante, ben
accompagnata dalle ottime prove di Verdone – pienamente a suo agio nel ruolo
dell’attore sfigato ma in fondo rimasto “puro” – e della Ferilli. Una piacevole
sorpresa, in effetti, la naturalezza con cui la bella attrice romana si cala
nella parte dell’emotiva e fragile Ramona.
Qualche eccesso di virtuosismo qua e là Sorrentino se l’è
concesso, e qualche immagine sfiora il retorico. Detto ciò,La grandebellezzaè
un gioiello ed un lodevole esempio di cinema, quasi mistico, brutale nella sua
capacità (e necessità) di mettere a nudo le mostruosità del presente.
Scrive ilGuardian: “Sorrentino è tornato
a Cannes con un bellissimo film, girato nello stile classico dellaDolce vitadi Fellini e dellaNottedi Antonioni.La grande bellezzaè un ritorno al suo naturale
linguaggio cinematografico, dopo la difficile esperienza in inglese con Sean
Penn inThis must be the place. Il film è superbo, ma c’è
anche un eccesso di ricchezza che va un po’ a discapito delle emozioni. Toni
Servillo meriterebbe il premio per il miglior attore, grazie alla stupenda
interpretazione di Jep”.
SecondoLee Marshall, che ha
scrittola recensione su Screen Daily,La grande bellezza piacerà più al pubblico straniero
che a quello italiano: “Il paragone naturale da fare è quello con un’altra
operetta impressionistica del regista napoletano:Il divo. Quel film
però era immerso in una realtà storica, mentreLa grande bellezzaè più una raccolta di vignette senza
tempo. Paradossalmente, questo è un film che potrebbe piacere di più all’estero
che non in Italia. Sul terreno di casa, la visione di Roma di Sorrentino e
della sua vita pseudo letteraria potrebbe sembrare un po’ obsoleta”.
AncheLe Mondeha scritto
una recensione sull’ultima fatica di Sorrentino: “Con il suo broncio malizioso,
il protagonista Jep ha un’aria da Walter Matthau alla romana mentre contempla
le glorie dell’unica città al mondo in grado di fargli sentire l’eternità.
L’ultimo lavoro del regista italiano è un omaggio allaFiera della vanità,
che alla fine restituisce un’umanità che sembrava non esserci all’inizio del
film. Pur restando molto lontano dalla grandezza dei suoi maestri, Sorrentino
dimostra sempre di avere delle belle trovate cinematografiche”.
Positivo anche il parere diVariety. Scrive Jay Weissberg:
“La grande bellezza è un ricco banchetto cinematografico, che omaggia Roma in
tutta la sua bellezza e superficialità. Di certo farà venire un’indigestione a
qualcuno, che potrebbe vederla come l’opera di un cinefilo in posa che manca di
vera profondità. E non importa se la stessa critica è stata mossa allaDolce vita53 anni fa. Il confronto non è
casuale: come il capolavoro di Fellini,La grande bellezzafa di una figura esausta dal punto di
vista esistenziale una guida dantesca attraverso la decadenza della vita
romana”.
un film semplice, che lo capiscono tutti. quando il nemico ha un nome e una faccia e ci parli poi diventa meno nemico, l'apartheid serve a far diventare l'altro più nemico; dopo un film così sai come potrebbero terminare tutte le guerre: governino delle madri e per 10 anni si scambino tutti i bambini in culla. e Joseph e Yacine li hai incrociati, qualche volta. a me è piaciuto molto, e così sarà anche per voi, ne sono sicuro - Ismaele
…E se anche, in questo film, non manchino dei
momenti didascalici, va bene anche così perché riescono a tenere in perfetto
equilibrio la storia tra la gravità e le leggerezza, propendendo spesso verso
quest'ultima e verso una poesia rara che ci dona il ritratto di due donne
definitivamente stanche di guerra.
…La
sensazione che si ricava dalla visione è che la Levy abbia voluto fare un film
politico, anche se, forse, all'inizio non c'era questo intento, attraverso un
dramma che costringe israeliani e palestinesi a mischiarsi per superare il muro
di astio e di diffidenza cristallizzatosi nel tempo e a guardarsi con occhi
nuovi e diversi senza vedere dall'altra parte il nemico
Joseph e
Yacine incarnano la speranza delle nuove generazioni, tesa a sottolineare
l'inutilità del conflitto, la cui chiave per avvicinarsi alla soluzione
risiede, forse, nelle relazioni personali e nell'accettazione dell'altro.
Hanno molto in comune, Joseph e Yacine, ad eccezione delle loro vite,
destinate, forse, a non incontrarsi mai, se non fosse stato per quella
drammatica fatalità, che rimbalza dall'uno all'altro per ricomporsi in quella
speranza che non ammette alternative…
…Le film pose la question
simple et lucide : refuserait-on de reconnaître son propre enfant s’il
appartenait à une communauté ennemie ? Un moyen détourné d’aborder le
conflit israélo-palestinien et d’en mesurer la légitimité. La réponse pour l’espoir
(de paix) est certes belle, mais elle est surtout candide et utopique…
…Alors bien sûr, ce n’est pas avecLe Fils de l’autreque l’on débattra de manière
constructive sur ce conflit sans fin, mais du point de vue «film pour
sensibiliser le public», l’histoire est
belle, intéressante, prenante, et Emmanuelle Devos, entre force et sensibilité
à fleur de peau, y trouve un de ses plus beaux rôles.
una sceneggiatura senza tempi morti, attori all'altezza, e oltre, una storia che capita sempre agli altri, nella quale la cosa più facile è accusare, poi si vedrà, peccato che certi non resistono e si ammazzano prima. il titolo originale, "La caccia", rende meglio, ma questo passa il convento. un film che fa soffrire, ma è imperdibile, sicuro - Ismaele
…Il sospettoè un film straziante, senza dubbio, bello e reale come piace
a me, e tocca tutte le conseguenze che ricadono sul protagonista di un'accusa
del genere. Non solo Lucas, ma anche Marcus, suo figlio, viene gettato nella
vortice della colpevolizzazione, anche se si ribella con calci e pugni e urla
il suo disprezzo sia alla famiglia della bambina sia agli amici che hanno
abbandonato suo padre - solo il suo padrino aiuterà lui e Lucas in tutto e per
tutto…
…Tutta la storia è
narrata dal punto di vista personale del protagonista: lo spettatore assiste,
con la stessa incredulità e rabbia, alla progressiva demonizzazione di una
persona che alla fine è costretta, pur di sopravvivere, a scendere sullo stesso
piano dei suoi carnefici: l'ostilità della gente e l'enorme rabbia repressa
faranno diventareLukasun
uomo violento e disperato, capace di sfidare da solo l'intera comunità che fino
al giorno prima lo considerava un fratello, al quale poter affidare senza
pensieri i propri figli. Seppur angosciante e crudo,Il sospettoè un film straordinario per emotività e presa sullo
spettatore. La morale è chiara: in questo mondo (specificatamente quello
occidentale, ricco e opulento come la democraticissimaDanimarca) dove
dominano l'apparenza e l'ipocrisia, ogni regola di civile convivenza può essere
sovvertita dalla paura e dalla viltà. E quello che è successo aLukaspuò succedere a chiunque, perchè
l'egoismo e la volontà di 'sbattere il mostro in prima pagina', la voglia di
trovare un colpevole a ogni costo pur di mettere a tacere scomode verità, fanno
tristemente parte della società moderna…
…Lucas lavora in un piccolo asilo di un non meglio precisato
piccolo paese nordico, danese per la precisione. Un giorno, per semplice ripicca, una bimba lo
"accusa" di averla molestata. Lucas è innocente. Sarà un inferno. Raramente ho fatto così fatica nella visione di
un film. Un malessere incredibile -un misto di rabbia,
speranza, incredulità, tristezza- mi ha accompagnato fino, e ben oltre, i
titoli di coda. Il problema è che sto film è perfetto, c'è poco
da dire…
…En síntesis, un filme realmente
impactante, tenía muchas ganas de verla y no me ha defraudado. Un filme
imperdible y necesario también, para recordarnos eso que tanto se nos olvida a
veces, de caminar un kilómetro en los zapatos de la otra persona para entenderla.
Un filme lamentablemente que muestra una situación muy real y actual, tan real
que asusta, con un ritmo que va en aumento de forma imparable y te atrapa hasta
nosoltarte y golpearte. Un nuevo experimento sobre
las volubles e interesantes reacciones masivas del ser humano. Y con un
excelente final, que hace
honor al título del filme. Muy recomendada.
…The power of this movie lies in its closely observed,
beautifully acted scenes of apprehension and concern. The young actress
who plays Klara, Annika Wedderkopp, delicately portrays a child who lies,
becomes confused, tries to protest her innocence, simply can't remember, but
only knows she's lost her friend. And Mads Mikkelsen is typically superb
as Lucas, playing so far within himself one almost forgets his impressive physicality...
un film d'amore, con molte complicazioni. anche se è un film d'amore, è un gran bel film, di una bellezza antica. non ci sono scorciatoie, tutto è radicale e (pare) impossibile. Mustafa è davvero un amico che tutti vorremmo. indimenticabile, non te ne penti, promesso - Ismaele
An obscure gem, a hidden treasure to international cinema lovers;
“Sevmek Zamani” is one of the best movies in Turkish cinema history. This cult
film still remains as a cinematic enigma for the new generation in Turkey.
Praised for its B&W cinematograhpy and regarded as a masterpiece, film follows
the aesthetic tradition of Antoninoni. Also resembles some of Bela Tarr’s works
with its visual sensibility; “Sevmek Zamani” is an eclectic mixture of
modernist themes (i.e. individual loneliness), metaphysics (the fight of good
vs evil), and notions of Marxism like director’s some other works. Metin Erksan
is one of the first Turkish filmmakers who saw cinema as an art form apart from
a mass entertaining medium.
…Sevmek zamaniracconta la storia dell’incontro tra Halil e Meral, la donna il
cui ritratto ha così profondamente turbato la vita del giovane operaio, il film
ci mostra attraverso una regia impeccabile lo scontro tra due universi
fortemente distanti e quasi incompatibili della nazione turca, o meglio come ha
scritto un utente di IMDb “indaga attraverso un rigoroso realismo la caotica
battaglia identitaria tra oriente e occidente e attraverso questa distanza ci
mostra due percezioni dell’amore : quella urbanizzata della donna che vuole
stare con l’uomo innamorato del suo ritratto contrapposta a quella orientale
dell’uomo che rifiuta la ragazza dicendole:‘Io sono innamorato solo del tuo
ritratto’… Il feticcio e il sublime!”…
Mathieu Kassovitz, peccato, hai fatto qualcosa che, in sintesi, è film dimenticabile. meno male che poi ti sei ripreso, tra anni dopo, con "L'ordre et la morale". ma questo è senza capo né coda - Ismaele
… La
sceneggiatura è una spaventosa accozzaglia di plagi, calchi, prestiti e
citazioni, incapace di costruire suspense e tensione, anche perché priva di
motivazioni, spessore e nessi decenti, che Kassovitz non ha il minimo di
interesse a migliorare, occupato a spendere più soldi possibile (come nella
scena dell’elicottero, o in quella del sommergibile, l’unica decente del film)
invece di rendere eccitante un’azione che montaggio e produzione macellano
facilmente. Vin Diesel è ridicolo nel mettere in scena i soliticlichédel duro e tenebroso, mentre Gérard
Depardieu si fa notare solo per l’orrido make-up. Accanto a loro, spiace
constatare l’ennesimo spreco perpetuato ai danni di Michelle Yeoh, grande
attrice e artista marziale, con cui Hollywood tappa i suoi buchi a mandorla…
alla sceneggiatura ha lavorato Jacques Prévert, ed è sia una storia francese anni '30, non si può confondere. tutto fila come un orologio, i personaggi e l'ambientazione sono perfetti, è un film che non ti dimentichi, cone la solidarietà e l'omertà buona alla fine. da vedere, se uno vuol capire come si fa il Cinema - Ismaele
Mai distribuito in Italia, il film fu messo in onda dalla RAI il 13-1-1971.
Batala, proprietario truffatore di una casa
editrice, oppresso dai debiti, fugge abbandonando operai ed impiegati, non
prima di aver sedotto e approfittato della giovane Estelle, che ne partorirà il
figlio. I lavoranti della casa editrice, grazie all'inventiva di Amédée Lange,
uno dei redattori, si riuniscono in una cooperativa che riesce ad avere
successo economico grazie alla pubblicazione dei romanzi popolari scritti dallo
stesso Lange e alla concordia e solidarietà che vi si instaura. Ma Batala torna
all'improvviso e pretende di riappropriarsi della casa editrice. Per fermarlo
Lange lo uccide ed è costretto a fuggire verso il confine, insieme alla
compagna Valentine e protetto dagli altri membri della cooperativa. Il film è
il racconto in flashback di Valentine ai clienti della locanda dove i due si
rifugiano la notte prima di passare il confine.
A man and
a woman arrive in a cafe-hotel near the belgian frontier. The customers
recognize the man from the police's description. His name is Amedee Lange, he
murdered Batala in Paris. His lady friend Valentine tells the whole story :
Lange was an employee in Batala's little printing works. Batala was a real bastard,
swindling every one, seducing female workers of Valentine's laundry... One day
he fled to avoid facing his creditors, and the workers set up a cooperative to
go on working. But the plot is less important that the description of the
atmosphere just before the Popular Front.
…Renoir judiciously mixes in fantasy, politics and romantic
adventure with great glee in this fable, as he delights in the choice made in
the end by the bar patrons. In the skilled director's hands, this propaganda
piece rises to art.
…Renoir is likely the finest filmmaker to ever link narratives
of complex human beings to progressive socio-political readings. AndThe Crime of Monsieur Langeis an exemplum of this skill with
unsurpassed charm to boot. Prévert's script is so light on its feet, so
"French," what with its whimsy and deep romance and periodic
invocations of the spirit of "liberté, égalité, fraternité." This is
the sort of film that leaves one, smiling, with the conviction that sometimes
crime does indeed pay.
film di una bellezza antica, di quando il cinema è solo immagine (bellissima), non ci sono parole, eppure la storia è chiara e senza tempo. natura, animali e umani sono in lotta e in equilibrio. un film che non si dimentica - Ismaele
…The themes of this film encompass the nomadic culture, shamanism, cult
burials, to symbolism about female figures being the head of the household.
In reference to the shamanistic cult burial inKelin, it is all about being one. The film is set in the second
century, although it could have also been set in 400 BC. The allegorical
meaning and symbolism of family life in rural Kazakhstan fills this movie up to
the brim and I felt like I was transported into another place and time, a very
foreign area and I was deeply immersed while I was watching this film. I
would say thatKelinis one of the most culturally concentrated films I’ve
seen all year and I would recommend it to anyone who is interested in seeing
it.
…It surpassed my highest expectations. Cinematography is astonishingly beautiful
and it manages to convey a complex and very emotional story without use
of any dialog in a way that feels natural. There is a scant info about this
film online (and the bluray is free of any extras). I found that the story
supposedly takes place in Altay mountains in the fourth century AD. The film
had its international premiere at Toronto Film Festival in 2009 and was
nominated for Oscar in 2010…