martedì 8 gennaio 2013

La migliore offerta - Giuseppe Tornatore

ha qualcosa de "La sconosciuta", altro film bello e di poco successo di Tornatore, c'è un po' di Hugo Cabret, un grandissimo Geoffrey Rush, una storia che è un meccanismo che funziona bene, e quando, dopo la metà,  il film rischia di essere ripetitivo, con uno scatto di sceneggiatura, si riparte con colpi di scena che da soli meritano la visione del film.
decisamente da non perdere - Ismaele



 nella sua prevedibilità e nei suoi eccessi, nel suo classicismo un po’ polveroso, La migliore offerta alla fine funziona e non disturba. Forse anche perché la maniera tornatoriana si adagia e si mimetizza meglio di altre volte tra le affettazioni dei protagonisti e le fascinazioni ossessive per l’arte e la bellezza che racconta; forse per il suo giocare con la costruzione e la rappresentazione, con il vero e il falso.
E, forse ancor di più, perché al centro di tutto c’è la tragedia dell’Amore; di un uomo che per una vita ha congelato la sua vita in una sospensione museale e sublimato il femmineo acculandone riproduzioni pittoriche ma che subisce la sua prima sindrome stendhaliana di fronte al volto (celato) di una donna vera, e che alla presenza o assenza dell’una vede coincidere quella delle altre.
Perché, quando si tratta di arte e bellezza, e quindi di amore, non vi è separazione tra realtà e rappresentazione ma solo una drammatica e abissale coincidenza, che porta la vita ad essere una costante lotta al rialzo per aggiudicarsi l’oggetto del desiderio.
  Nonostante lo spunto affascinante e originale e la messa inscena di gran classe, Tornatore non rinuncia al barocchismo che ormai gli è proprio, dilungando il racconto per più di due (inutili) ore, e alla tentazione di lasciare lo spettatore con un dubbio, forse nemmeno troppo oscuro, che lascia l’amaro in bocca e che porta alla convinzione che il Virgil solitario, impaurito e freddo incontrato all’inizio del film avrebbe fatto meglio a rimanere arroccato nel suo mondo fatto di donne dipinte e guanti di pelle per proteggersi dalla pelle altrui…


…Il film può contare su una scrittura d’eccezione, che conduce attraverso il mistero e il thrilling con sapienza, facendo lentamente corrispondere il punto di vista di Oldman con quello dello spettatore. Fanno del film un vero capolavoro la già citata fotografia, le musiche di Ennio Morricone, la recitazione di Geoffrey Rush, gli sguardi obliqui di Sylvia Hoeks e Donald Sutherland, i meravigliosi ambienti affollati di opere d’arte e d’antiquariato e la regia di Giuseppe Tornatore, che dissemina la pellicola di indizi, sfidando sia l’antiquario sia lo spettatore, a una partecipazione attiva nel labirinto in cui si ritrovano dopo aver seguito le proprie ossessioni. Sì, perché La migliore offerta è un film sull'arrendevolezza e la fragilità dell’uomo – seppur esperiente, “old man” appunto – di fronte alla propria ossessione. Il film dura due ore ma lo spettatore non se ne accorge nemmeno, impegnato com'è a osservare la costruzione (mai parola fu più appropriata) del rapporto fra Virgil e Claire.
Il tocco magistrale di Giuseppe Tornatore è, a mio avviso, lo splendido finale. Un accostamento di immagini, espressioni, movimenti e risoluzioni che completano il movimento, lasciando un’apertura, ancora una volta legata all'ossessione e riconducendosi altresì all'inizio del film.

Molto complesso questo ultimo lavoro dell’ondivago cineasta siciliano che, a dispetto di una linearità narrativa abbastanza tipica del cinema di questi decenni, riesce a costruire un crescendo narrativo e di tensione, al cui interno riusciamo a perderci nelle infinite e articolate stratificazioni dei personaggi e dei legami che via via si snodano.
E’ come vedere due film in uno e ciò è confermato anche dalla durata stessa della pellicola (124 minuti) che però non si avvertono durante la visione…
Geoffrey Rush, da grande attore qual è, fa di Oldman un personaggio dal fascino dolente al quale sono, inevitabilmente, demandati la responsabilità e lo sforzo di sostenere tutto il film. A parte un comprimario d’eccezione come Donald Sutherland, Rush si trova a dividere la scena con altri interpreti incolori o sbiadite figurine di contorno come la legnosa Sylvia Hoeks, la cui incapacità interpretativa rende evidente, fin dalla sua entrata in scena, l’artificio del suo personaggio.
Le buone intenzioni di Tornatore, delle quali apprezziamo l’autenticità, si perdono in una macchinazione, non soltanto narrativamente disordinata ma anche meramente estetizzante che, come in un trompe l’œil, sembra più puntare sull’incanto dell’occhio che non sulla verosimiglianza degli eventi. Nel quadro multiforme e scomposto di questo film si intravede, e non proprio sottilmente, l’ordito del fittizio sottraendo allo sguardo il mistero e la fede, quella che, come scriveva Voltaire, “consiste nel credere non ciò che sembra vero ma ciò che sembra falso al nostro intelletto”.

4 commenti:

  1. Nonostante qualche difetto perdonabile e alcune lungaggini, La migliore offerta mi è piaciuto parecchio, presto ne parlerò anche dalle mie parti!

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    1. film perfetti non ne fanno più molti, ma questo merita, per me

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  2. Tornatore è un autore che conosco pochissimo, tranne "Nuovo Cinema Paradiso" ovviamente...

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    1. qualcos'altro di decente l'ha fatto, non tutto, ma qualcos'altro sì, di sicuro

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